Commentiamo i fatti con le giuste parole, poiché “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Trascorre l’11 febbraio ed il Presidente della Consob – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa -, Giuseppe Vegas in un’audizione alla Camera nell’ambito dell’esame del disegno di legge C. 2844, di conversione del decreto-legge n. 3 del 2015, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti – per intenderci, il decreto Banche Popolari – espone proprie perplessità sulla progressione degli eventi, dalle opache operazioni avvenute prima del 16 gennaio, quando correvano le prime voci sulla riforma delle Popolari, alla fuga di notizie, ovviamente smentita, che ha anticipato l’approvazione del decreto, avvenuta il 20 gennaio.
Vegas sostiene
Il Presidente Vegas ha consegnato mercoledì in audizione la cronologia esatta degli eventi, ricostruendo dettagliatamente la tempistica della diffusione delle notizie e l’abuso poi perpetrato da chi sapeva cosa e chi conosceva chi. “La data in cui è possibile assumere che il mercato abbia avuto una ragionevole certezza dell’intenzione del Governo di adottare il provvedimento – la riforma obbliga tutte le Popolari con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro alla conversione entro diciotto mesi in spa – è individuabile nel 16 gennaio 2015. In tale data, a mercati chiusi, il Presidente del Consiglio ha annunciato la riforma del credito cooperativo. Il giorno in cui erano già circolate le prime indiscrezioni è determinabile nel 3 gennaio 2015. Dal 3 gennaio al 9 febbraio 2015 i corsi delle banche popolari sono saliti da un minimo dell’8 per cento per UBI a un massimo del 57 per cento per Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, a fronte di una crescita dell’indice del settore bancario dell’8 per cento circa”.
Inchiesta contro ignoti, per ora
La Consob, già dall’accavallamento delle prime indiscrezioni sull’eventuale riforma, aveva avviato delle indagini sulle evoluzione delle azioni delle Popolari, con analisi incrociate sull’operatività di tutti i principali intermediari in Borsa e fuori mercato. Poi, la svolta. “L’analisi della dinamica delle quotazioni nel periodo antecedente al 16 gennaio evidenzia che i corsi delle azioni delle banche popolari hanno mostrato in media una performance negativa. Infatti, ad esclusione della Banca Popolare di Milano, che ha fatto registrare un incremento del 9,59 per cento, le azioni delle altre banche popolari hanno segnato ribassi significativi. Tuttavia, le analisi effettuate hanno rilevato la presenza di alcuni intermediari con un’operatività potenzialmente anomala, in grado di generare margini di profitto, sia pur in un contesto di flessione dei corsi. Si tratta, in particolare, di soggetti che hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva. Le plusvalenze effettive o potenziali di tale attività sono stimabili in circa 10 milioni di euro”.
La procura capitolina nel frattempo indaga sui movimenti anomali dei titoli a ridosso dell’approvazione del decreto, che ha coinvolto la Banca d’Etruria, della quale il Ministro Maria Elena Boschi è azionista e suo padre Pier Luigi figura come vicepresidente. L’inchiesta romana, della quale sono titolari il Procuratore capo Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Nello Rossi, è al momento “contro ignoti”, ma l’ipotesi di reato ravvisabile intravede i presupposti di “insider trading”.
Prosegue nella propria audizione alla Camera Vegas: “Le indagini avviate sono volte ad appurare l’identità dei beneficiari ultimi dell’operatività con margini di profitto significativi effettuata prima del 16 gennaio. La difficoltà di tali accertamenti, come in tutte le indagini di insider trading, è costituita dal fatto che spesso l’intermediario che opera in Borsa spesso agisce per conto di propri clienti, i quali a loro volta possono essere soggetti giuridici organizzati in ramificate strutture societarie, spesso con sedi all’estero, rispetto alle quali può essere complesso risalire al controllante ultimo”.
La City e gli speculatori
La cronistoria di Giuseppe Vegas ordina l’intero ciclo di operazioni finanziarie, dal 3 al 24 gennaio, quando i media nazionali diramarono la notizia di probabili ed eventuali speculazioni sulle popolari ad opera di intermediari operanti a Londra, che effettuando consistenti e doviziosi acquisti di azioni delle banche popolari umilmente e con rigore avevano esaudito le richieste dei propri clienti. Il 15 gennaio, prima ancora che il decreto fosse varato, gli addetti ai lavori, leggendo i resoconti di Borsa, commentavano “Brillano le Popolari”. Il 16 gennaio, a Borsa chiusa, a raffica i flash: “In arrivo norme per Riforma Popolari”.
All’acquisto delle azioni è seguita una vendita dimostratasi poi proficua per il rialzo dei prezzi e l’elevato volume di scambi. La curiosità sfacciata e insistente dei giornalisti conduce al Fondo Speculativo Algebris, il cui fondatore è il finanziere Davide Serra. Alla vigilia della riforma – da un articolo di Libero del 20 gennaio, poi ripreso dallo stesso Presidente Consob – direttive precise sarebbero state fornite sulle nuove disposizioni per le Popolari da parte del finanziere, da quello stesso studiolo di Londra dal quale venivano dirottate nuove fresche indiscrezioni sull’operatività delle azioni delle Popolari.
Boschi, il giallo
Mentre c’è chi grida al “conflitto d’interessi”, sono stati resi pubblici i resoconti stenografici delle due Camere, ai cui lavori il 20 – si evince dalle carte – non partecipò il Ministro Boschi. Intanto, al Consiglio dei Ministri, al quale il Ministro diede anche lì forfait, decretava la trasformazione delle banche popolari in società per azioni. In una nota al Fatto Quotidiano del 13 febbraio, Maria Elena Boschi, in riferimento all’assenza in Consiglio: “Non mi sono astenuta, è vero, ma prima di gridare allo scandalo basterebbe capire il perché: non mi sono astenuta semplicemente perché non ero presente a quella riunione. E non ho partecipato perché ero impegnata in Parlamento nel percorso di riforme costituzionali e sulla legge elettorale”.
Strano, ma né a Montecitorio né a Palazzo Madama hanno avvistato la Ministra. Chi ha visto chi? Tranquilli, la Ministra c’era, ma lavorava in una stanzetta di Palazzo Madama, lontana dalle malelingue, che farneticano circa “l’aiutino” del Governo per risollevare la dissestata realtà finanziaria della Banca popolare dell’Etruria, in cui il padre della Ministra, riveste il ruolo di vicepresidente. Intanto, mercoledì 11 febbraio la popolare in questione è stata commissariata dalla Banca d’Italia “per grave deterioramento del patrimonio”.
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