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Snodo fondamentale del disegno di revisione della seconda parte della Costituzione è il ruolo da attribuire al Senato della Repubblica. Questo perché se noi vogliamo superare il Bicameralismo perfetto e vogliamo assegnare alle due Camere compiti e funzioni parzialmente diversi, è chiaro che esse debbano rappresentare qualcosa di altrettanto differente. Andiamo ad analizzare nel dettaglio i punti della riforma che riguardano il Senato.
Secondo quanto previsto dalla riforma il Nuovo Senato dovrebbe rappresentare gli interessi degli Enti regionali, i senatori verranno attribuiti, secondo la grandezza della popolazione, alle singole regioni e per la scelta dei nomi ciascun Consiglio Regionale eleggerà i senatori di quella specifica regione al proprio interno, con metodo proporzionale.
La conseguenza qual è? Che se una certa regione ha diritto – poniamo – a 12 senatori, questi saranno in parte rappresentativi della maggioranza consiliare e in parte rappresentativi delle opposizioni che siedono all’interno del Consiglio regionale. Questo è un punto problematico della riforma, perché se i senatori devono rappresentare gli interessi della Regione sarebbe opportuno che questi rappresentassero l’indirizzo politico di quella regione, quindi parlassero con una voce sola, invece la scelta di affidare le elezioni ai Consigli Regionali con metodo proporzionale rischia – in qualche misura – di inficiare, di contraddire questo obiettivo fondamentale.
Infatti, se i senatori sono eletti dai Consigli Regionali con metodo proporzionale è probabile che, una volta arrivati in Parlamento, essi si aggregheranno all’interno del Senato non su base territoriale – vale a dire i senatori della Lombardia insieme a senatori della Lombardia, quelli dell’Emilia Romagna con altri senatori dell’Emilia Romagna – ma piuttosto sulla base dell’appartenenza politico-partitica, per cui i senatori del Partito Democratico tenderanno a fare un gruppo dei senatori del Partito Democratico e quelli degli altri partiti a fare esattamente altrettanto.
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