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Come valutare la riforma costituzionale almeno nella parte che riguarda la forma di governo? Sicuramente ci sono luci e ombre. Da un lato l’idea ispiratrice del disegno complessivo, vale a dire il superamento del bicameralismo perfetto, sembra essere condivisibile; mantenere il rapporto fiduciario tra la Camera dei Deputati, espressiva degli interessi politici generali e il governo, sembra dare all’aspetto complessivo dei nostri sistemi istituzionali un buon livello di linearità. Dall’altro lato però bisogna anche sottolineare alcune criticità.
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La prima è quella relativa all’elezione dei senatori: la scelta di fare eleggere i senatori dai Consigli Regionali con metodo proporzionale, anziché dalle Giunte, rischia di rendere il Senato anch’esso rappresentativo degli interessi politici generali e non delle autonomie territoriali.
Questo perché ciascuno consiglio regionale dovrà scegliere senatori appartenenti a partiti diversi, alcuni di maggioranza, altri di opposizione, che, una volta in Senato finiranno probabilmente per aggregarsi più sulla base dell’appartenenza politico-partitica che su quella territoriale.
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Solo l’esperienza concreta, se ci sarà, è in grado di dire se la riforma renderà il sistema più lineare e funzionale o se invece lo renderà più contraddittorio e incerto.
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