Matteo Renzi mette mano alla riforma del fisco e soprattutto alla soglia di rilevanza penale al 3% del reddito evaso già definita “norma salva-Berlusconi” che resterà ma solo per dichiarazioni fiscali infedeli, cioè dovute a errori in buona fede o di interpretazione, mentre non sarà applicata a dichiarazioni fraudolente che restano punite penalmente. “Berlusconi sconterà tutta la pena”, chiarisce il premier nella sua Enews. “Noi cambiamo il fisco per gli italiani, non per Berlusconi. Senza fare sconti a nessuno, nemmeno a Berlusconi”. Per questo il decreto è stato rinviato al 20 febbraio, nella speranza che tutto proceda senza altri intoppi e si arrivi alla scadenza del 27 marzo per l’approvazione finale.
Il giallo sulla norma ha animato i primi giorni dell’anno, ma il premier è voluto intervenire di persona per stoppare le polemiche e procede secondo la tempistica indicata dalla delega. Da qui la decisione di mantenere la soglia del 3% del reddito evaso ma solo per i casi in cui non si incorre in reati penali: è questa dunque la soluzione che sarebbe stata trovata in accordo con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Altro punto è l’applicazione del nuovo regime ai procedimenti in corso. Il passaggio è stato riscritto e si ritorna al testo delega principale che rende validi gli effetti degli atti notificati prima del varo dei decreti attuativi. Via anche il tetto dei mille euro per la depenalizzazione delle false fatture.
Si lavora a ritmi serrati per arrivare a un testo che limi quei passaggi che stanno incendiando il dibattito politico e che potrebbero rallentare l’approvazione finale della delega. I decreti attuativi, scrive ancora Renzi nella Enews, sono molti e i tempi tecnici sono lunghi: per questo il premier ha voluto prorogare i termini della stessa delega fiscale al 20 febbraio, arrivando così in tempo per l’approvazione definitiva entro il 27 marzo. Il passaggio è delicato: l’intoppo potrebbe rallentare il processo di riforme che è sotto l’occhio dell’Europa in vista dell’approvazione dei conti italiani, attesa per marzo.
Il governo ha comunque difeso la sua impostazione della riforma, compresa la soglia della rilevanza penale. “Il fatto che ci siano ‘adeguate soglie di punibilità’ (penali: il colpevole paga lo stesso, tutto, fino all’ultimo euro ma con sanzioni amministrative e non penali) e che si rispetti il principio di proporzionalità è sacrosanto”, ribadisce Renzi. “Nel merito si può discutere di tutto, cambiare tutto, ragionare di tutto. Ma una legge si adotta se serve agli italiani, non se si immagina che possa servire o non servire a un italiano”. Niente leggi ad o contra personam, sottolinea il premier “Questa ossessione su Berlusconi sia da parte di chi lo ama, che da parte di chi lo odia non mi riguarda. Noi cambiamo il fisco per gli italiani, non per Berlusconi. Senza fare sconti a nessuno, nemmeno a Berlusconi che sconterà la sua pena fino all’ultimo giorno”.
I problemi però potrebbero arrivare sia da parte delle opposizioni che hanno annunciato battaglia a partire dal M5S, sia da parte della minoranza PD a cui la delega fiscale non va proprio giù, in particolare a Stefano Fassina che attacca duramente il pacchetto definendolo “peggio di un condono”.
Renzi ferma la norma salva-Berlusconi
Matteo Renzi ha voluto subito fermare qualsiasi norma salva-Berlusconi contenuta nella riforma del fisco. Lo ha chiarito in un’intervista al Tg5, confermando fonti di Palazzo Chigi. Il provvedimento, le cinque parole che potrebbero portare alla cancellazione della sentenza Mediaset a carico di Silvio Berlusconi, viene così fermato, rimandato al Consiglio dei Ministri per poi proseguire l’iter alle Commissioni e infine al Parlamento, rispettando la tempistica del marzo 2015. L’introduzione della soglia del 3% di evasione sull’imponibile come “causa di esclusione della punibilità” ha però alzato i toni dello scontro tra maggioranza e opposizioni, con i Cinque Stelle e la Lega che attaccano Renzi, la sinistra del PD che chiede chiarimenti e Forza Italia che intravede un modo per bloccare il Patto del Nazareno.
“Di tutto abbiamo bisogno tranne che dell’ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicato momento istituzionale che il Paese si appresta a vivere”, riferiscono fonti di Palazzo Chigi.
Con l’elezione del Capo dello Stato imminente, il governo vuole togliere ogni dubbio a ipotetiche manovre sottobanco. “Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c’è problema: noi ci fermiamo”, ha spiegato il premier al Tg5. “Rimanderemo la norma in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c’è nessun inciucio strano”, continua, ricordando che oggi, in Italia, “meno di cento persone su sessanta milioni scontano pene per reati tributari. Il che è assurdo, se pensiamo alle stime, incredibili, dell’evasione nel nostro Paese”.
Con il voto sulla delega fiscale, precisa ancora Renzi, il Parlamento ha dato al governo il mandato per un testo che deve “recuperare più soldi dall’evasione, depenalizzando laddove possibile e contestualmente aumentando sanzioni e pene per i reati che rimangono tali. Si tratta dunque di cambiare in modo radicale. Questo è l’obiettivo del governo – prosegue – Disciplinare in modo puntuale l’abuso di diritto, dare certezze a investitori e cittadini, stangare con più severità i veri colpevoli e smettere di ingolfare i tribunali penali per questioni formali è un grande obiettivo di civiltà giuridica”.
La scelta di Renzi però non ha placato le opposizioni. Il M5S attacca l’esecutivo tramite il capogruppo al Senato Alberto Airola che su Facebook definisce la norma “l‘ultimissimo tentativo di dare l’immunità a Silvio”.
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Anche Matteo Salvini parla di “ennesima renzata. Un giorno promette una cosa e poi il giorno dopo la smonta e poi ricomincia daccapo. Ha fatto così sull’Irap, sulle tasse, sull’Europa. Un giorno ne fa una l’altro giorno la disfa. È un anno che fa così”. Critiche pesanti anche dalla sinistra del PD con Pippo Civati che interviene dal suo blog: “Se il premier non ne sapeva nulla, se il Mef dice di non averlo visto, se il ministro della Giustizia ha espresso le perplessità che si leggono sulla stampa, chi ha portato quel testo al Consiglio dei ministri?”, chiede l’esponente dem. Anche Forza Italia fa sentire la sua voce parlando di “manovre per allontanare la possibilità di un percorso condiviso sulle riforme e sulla individuazione di un nome condiviso sul Quirinale”.
Il giallo della norma salva Berlusconi
Rimane da capire come sia finita questa norma nel condono fiscale. Non si sa chi sia il padre della disposizione, ma il 24 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che avrebbe permesso a Silvio Berlusconi di cancellare la condanna a 4 anni del processo Mediaset. Secondo l’articolo del decreto preso in oggetto, la punibilità è esclusa, quando l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% del reddito imponibile dichiarato. Secondo la norma, quindi, Berlusconi sarebbe potuto tornare a fare politica prima di scontare la pena per frode fiscale.
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