La riforma delle pensioni trova sempre più spazio nell’agenda del Governo, intenzionato a trovare nel più breve tempo possibile una soluzione che superi ‘Quota 100’ per quel che riguarda le uscite anticipate. Non è un caso che il prossimo venerdì 25 settembre i rappresentanti dell’esecutivo abbiano in programma un incontro con i sindacati per discutere delle opzioni al vaglio per superare l’attuale norma, valida fino al 2021. La novità, secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, riguarda l’ipotesi di una doppia uscita per rendere sostenibile e meno rigido l’attuale sistema pensionistico del Paese.
Sarebbero due e flessibili, secondo l’opzione riportata dal quotidiano economico, le soglie di uscita: 62 (o 63) anni per chi è impegnato in lavori gravosi, a patto che si siano raggiunti i 36 (o 37) anni di contributi, 64 anni per le altre categorie, con 37 anni di contributi. Prevista, dalla bozza di riforma, una penalità (legata al calcolo dei contributi stessi) che aumenterebbe per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia. Le modifiche entrerebbero in vigore il 1° gennaio 2022, dando così il tempo di mettere a punto ogni possibile variabile della riforma.
La proposta di doppia uscita flessibile si accompagna a quella di ‘Quota 41’, cioè la possibilità di andare in pensione a qualsiasi età purché si siano raggiunti i 41 anni di contributi. Una proposta dedicata ai lavoratori ‘precoci’ che i sindacati ritengono non superabile.
La norma in vigore sulla pensione anticipata è attiva dal 2019 e prevede, per l’uscita dal lavoro, l’acquisizione di 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini, un anno in meno per le donne (a meno che queste ultime non usufruiscano della cosiddetta ‘opzione donna’, che permette di lasciare il lavoro a 58 anni – 59 per le autonome – e 35 di contributi, con una penalità continuativa del 25-30% rispetto al normale assegno pensionistico). I requisiti per l’uscita anticipata sono congelati e non soggetti all’adeguamento demografico fino al dicembre 2026.
Chi vuole sfruttare ‘Quota 100’ può farlo invece ai 62 anni di età e 38 di contributi, senza penalizzazioni nel calcolo contributivo e con una ‘finestra’ di tre mesi per il settore privato e sei per i dipendenti pubblici. La norma prevede però che l’età pensionabile non venga adeguata all’aumento della speranza di vita che l’Istat aggiorna in maniera ciclica.
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