Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una riunione con le parti sociali questa mattina ha espresso un proprio parere sul futuro del sistema pensionistico italiano, mettendo l’accento sulla riforma Fornero. Vi sarebbe la volontà di far perdere il filo della lama al DI 201/2011, acconsentendo – tra le tante promesse – ad un anticipo dell’età pensionabile per i lavoratori che rimasti senza lavoro, persa l’indennità per la disoccupazione, vedono la pensione come un lontano miraggio. La previdenza potrebbe – il congiuntivo è d’obbligo – cambiare radicalemnte nel 2015. Vi sono numerose proposte sul banco.
Pensionamento flessibile
I requisiti previdenziali richiesti sono 60 anni per 35 anni di contributi con l’8% di penalizzazione sulle quote retributive. Perchè flessibile? La penalità decresce del 2% per ogni anno di ritardo di accesso al pensionamento, sino ad azzerarsi completamente al compimento dei 66 anni. Il costo stimato si aggira sugli 8 miliardi.
Quota 100
La proposta riguarda i lavoratori con 60 anni di età per un minimo di 35 anni di contributi, la cui età anagrafica sommata all’età contributiva corrisponda ad un totale di 100. L’anticipo massimo rispetto alle regole attuali oscilla tra i 4 e i 6 anni. I costi sono variabili tra i 2,5 e 11,4 miliardi.
Prestito pensionistico
È concesso un prestito al richiedente di circa 760-800 euro al mese nell’attesa che lo stesso raggiunga l’età del pensionamento. A sua volta, il prestito sarà restituito con prelievi una volta raggiunta la pensione. Si confermerebbe la manovra meno onerosa – 800-900 milioni – e comporterebbe un anticipo massimo rispetto alle norme vigenti da 1 a 3 anni.
Staffetta generazionale
I lavoratori ormai prossimi al pensionamento potranno richiedere il part-time così da incentivare l’assunzione giovanile. La scelta del part-time comporterà uno stipendio ridotto, tuttavia il periodo part-time sarà coperto da contribuzione piena. Il part-time ai fini dell’assegno pensionistico sarà considerato come full-time. La staffetta generazionale interviene con un anticipo rispetto alla legislazione vigente di 1-3 anni. I costi oscillano tra 1-2 miliardi.
Abbiamo discusso di pensionamento e non di pensioni, che visti i tempi – siamo in deflazione – sono sempre più povere. Si calcola che per ogni assegno di mille euro proporzionalemente si dovrà restituire 1 euro all’ente di previdenza. Nel dettaglio gli assegni Inps restituiranno all’ente di previdenza a gennaio 2016 la differenza – 0,1% – tra il tasso d’inflazione adottato provvisoriamente – equivalente a 0,3% – e quello del 2014 – 0,2% -. La decrescita “felice” del Pil comporta di conseguenza una scarsa valutazione del montante contributivo – valutazione totale dei contributi versati – sottoposto a verifica annuale successivamente allo studio quinquennale dell’andamento del Pil, che non crescendo pregiudica la rivalutazione in peggio dei contributi accumulati all’INPS.
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