Ne stiamo sentendo parlare molto in questi giorni, ma in pochi sanno effettivamente cosa sono e a cosa servono. I rigassificatori: in Italia ne abbiamo? E se sì, come vengono utilizzati? Ecco le risposte alle nostre domande.
I rigassificatori non si trovano solo in mare aperto, ma possono esser presenti anche lungo le coste. Cerchiamo di capire meglio cosa sono.
Il loro compito è quello di ricevere gas liquido e trasformarlo, poi, in stato gassoso, per rimetterlo poi in circolo nel Paese al quale serve. Questo è il compito del rigassificatore, un termine che sentiamo molto spesso in questi giorni. Ma a cosa serve? O meglio, all’Italia servono?
Sappiamo bene che il nostro Paese non ha giacimenti di gas sufficienti a soddisfare i bisogni dell’intera popolazione e, come il resto dell’Europa, siamo costretti ad acquistare e a farci fornire gas dalla Russia (nella maggior parte) e, anche, da altri paesi, ovviamente pagandolo.
Con la guerra in atto fra Russia ed Ucraina, e con la conseguente predisposizione dell’Europa nei confronti russi e per la difesa dell’Ucraina, è proprio lo stato asiatico che ci sta colpendo sul punto debole, minacciando l’Europa stessa di razionare o, peggio ancora, di chiudere i rubinetti del gas in prossimità dell’inverno, lasciandoci, così, a secco.
Per questo motivo, ogni singolo Stato dell’Unione sta cercando di provvedere, anche cercando fonti alternative o, meglio, dando voce e valore ai rigassificatori. In Italia, attualmente, ci sono ben 3 rigassificatori ma, data la crisi energetica di cui dicevamo sopra, sarebbe necessaria anche l’istallazione di un quarto. E il territorio prescelto sarebbe la città di Piombino.
Il rigassificatore è quell’impianto che trasforma il gas liquefatto, che arriva in Italia via nave, in “gassoso” appunto. Il gas naturale si trasporta via nave solo se è già nella sua forma di GNL, occupando così anche uno spazio ed un volume inferiore, circa 600 volte in meno, permettendo così anche un trasporto in quantità maggiori.
Arrivato a destinazione (nei rigassificatori, appunto) è lì che si attua la sua trasformazione da liquido a gassoso, per poi esser distribuito su tutto il territorio nazionale, attraverso le condutture adatte, fino ad arrivare nelle nostre case e nelle aziende.
Il procedimento di trasformazione del gas da liquefatto a gassoso è molto complesso e richiede molta precisione e, specie in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, nulla può né deve andar sprecato. Come anche altri impianti, i rigassificatori possono suddividersi in “vari modelli”: quelli in mare, e sembrano delle vere e proprie piattaforme sull’acqua, collegate poi alla terra con gasdotti; e quelli già presenti sulla terra.
Il nostro Paese, come dicevamo, ha già 3 rigassificatori al suo attivo. Il primo di questi, ed anche il più vecchio (costruito negli anni ’70) si trova in provincia di La Spezia ed è di proprietà della Snam, l’azienda che gestisce e coordina tutti i gasdotti d’Italia.
Poi c’è quello nel mar Adriatico, in provincia di Rovigo ed è attivo dal 2009 mentre il terzo si trova nello specchio d’acqua fra le città di Pisa e Livorno. A sentir così parlare, sono in molti a pensare che siano sufficienti a soddisfare le esigenze del territorio italiano. Ma così non è, tanto che si pensa ad una sorta di ampliamento, con una necessaria rete di gasdotti di collegamento, a Piombino.
La stessa Snam ha acquistato, a giugno, la piattaforma FSRU Golar Tundra. L’impatto ambientale e la presenza di ulteriori gasdotti, in particolare di un tubo lungo 8 km che passerebbe proprio per l’area industriale di Piombino, è ciò che preoccupa di più.
Un’ipotesi da tenere in considerazione, vista la situazione non piacevole che si prospetta per il prossimo inverno.
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