Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime travolte dalle macerie dell’hotel Rigopiano, in preda al dolore, tra le mura dell’ospedale di Pescara, si è lasciato andare a una dura dichiarazione: ‘Mi batterò per avere giustizia’. La rabbia di Feniello è esplosa dinanzi ai giornalisti, poi l’uomo è stato portato dalle Forze dell’Ordine in un’altra stanza.
‘Ecco cosa è rimasto di mio figlio’, dice Alessio Feniello, mostrando un braccialetto, un orologio ed una catenina, gli unici oggetti appartenenti a Stefano, che sono stati restituiti alla famiglia.
La rabbia di questo padre è incontenibile: ‘Chi devo ringraziare per tutto questo, chi?’, si chiede puntando il dito contro il presidente della Regione Abruzzo. Ha un solo obbiettivo ora: ottenere giustizia, perché non sapere che sorte è toccata al figlio sepolto sotto le macerie dopo la slavina, poi vivere la gioia di vedere il suo nome inserito in un elenco di superstiti, per poi scoprire, quasi 24 ore dopo, che si è trattato di un errore e concludere con il ritrovamento del corpo senza vita, è un percorso intriso di un dolore insopportabile.
Il padre di Stefano ha vissuto tutto questo rimanendo sempre all’ospedale, nell’attesa di avere notizie e magari vedere arrivare un’ambulanza con a bordo il figlio vivo. Una speranza che purtroppo è svanita inesorabilmente: quell’ambulanza non è mai arrivata.
‘Mi batterò fino alla fine, a costo di vendere tutte le proprietà, pur di avere giustizia dice ancora mentre tiene in mano quella catenina custodita come un tesoro straordinario. Non voglio denaro, non ne ho bisogno, voglio giustizia’ e aggiunge Feniello: ‘In Italia è facile che succedano le cose per poi dire che bisognava pensarci prima. Se non succedono prima le tragedie non si prendono provvedimenti. Ma un quattro stelle doveva avere un gatto delle nevi. Anzi, bastava un trattore dei contadini, che spazzava la neve tutta la notte. Non c’era bisogno di spazzaneve o turbina’.
Il papà di Stefano racconta poi un dettaglio cruciale, un fatto che rende il suo dolore e la sua rabbia ancora più forti: legge un sms, inviato la sera del 17 gennaio, ad un componente del Volo, in cui il proprietario lo invita a non andare a Rigopiano. ‘Mio figlio aveva chiamato il giorno prima per chiedere se tutto era a posto e gli avevano detto che garantivano il servizio. Ma quale servizio? I viveri?’.
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