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Rigopiano, un anno dalla tragedia: il dolore dei sopravvissuti e i ricordi dei parenti delle vittime

“Mai più”. È con questo slogan che i parenti delle vittime di Rigopiano hanno organizzato la giornata commemorativa per i loro cari a un anno dalla tragedia che sconvolse l’Italia. Dodici mesi fa, la slavina di neve sommergeva l’hotel a Farindola (Pescara), lasciando una scia di dolore e morte: 29 i morti di quella tragedia che ancora aspetta delle risposte. Mentre la magistratura va avanti con le indagini, tra intercettazioni choc e le tante difficoltà di una vicenda complessa, i parenti delle vittime e i sopravvissuti cercano di andare avanti, senza mai smettere di chiedere giustizia per chi non c’è più. Tra loro c’è Giampaolo Matrone, ultimo sopravvissuto dell’hotel Rigopiano, estratto fuori dalle macerie dopo 62 ore e che nella tragedia ha perso la moglie Valentina. “Io vivo solo per due motivi: fare tutto quello che serve a Gaia per vederla sorridere; avere giustizia come uomo, padre, marito e cittadino”, ha raccontato in un’intervista all’Ansa.

Fin dalle prime ore della giornata, nel luogo in cui sorgeva l’hotel e che ora ospita un cumulo di macerie, è un viavai continuo di persone, parenti e amici che lì hanno perso qualcuno di caro, che lasciano un fiore o un ricordo e che tornano per vedere con i loro occhi il luogo che ha strappato loro i loro amati. Le autorità hanno voluto esprimere la loro vicinanza: il Presidente Sergio Mattarella e il premier Paolo Gentiloni incontreranno i parenti delle vittime il 22 gennaio, ma la giornata del 18 gennaio è tutta per loro, stretti nel loro dolore a ricordare.

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“A un anno dalla tragedia dell’Hotel Rigopiano, profonda ferita per la comunità coinvolta e per il Paese intero, desidero rivolgere un commosso pensiero alle vittime e rinnovare la mia solidale vicinanza ai loro familiari e ai superstiti”, ha dichiarato Mattarella. “Le angosciose immagini diffuse in quei giorni – ricorda – scandite dal repentino susseguirsi di sentimenti di speranza e di sconforto, sono presenti nel cuore di tutti”.

Rigopiano, il racconto dell’ultimo sopravvissuto

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Tra chi ha perso un proprio caro c’è Giampaolo Matrone, l’ultimo sopravvissuto dell’hotel Rigopiano, estratto vivo dal cumulo di macerie e neve dopo 62 ore. Oggi è tornato nella sua pasticceria di Monterotondo e dalla figlia Gaia, ma quella notte ha perso la moglie Valentina e parte di lui non è più tornata.

Intervistato dall’Ansa a un anno di distanza, Giampaolo mostra l’ultimo selfie fatto con la moglie il giorno prima della tragedia. “Ci hanno scortato verso la morte la sera prima. Hanno pulito la strada, aprendoci la via per la morte e per non tornare più a casa”, ricorda.

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L’attimo della slavina, il caos, lo sballottamento dovuto alla forza dirompente della neve che è piombata sulla struttura, il terrore e il dolore: tutto è impresso nella sua memoria.” Sentivo qualcosa di morbido sotto di me, per 60 ore ci ho appoggiato il mento. Era il corpo di una donna, l’avevo sentita tossire per un po’, poi più niente. Attorno a me c’erano altri 3 morti, ma io non li vedevo”, racconta.

La sua odissea è solo iniziata dopo il salvataggio. La morte della moglie, i ricordi di quelle lunghe ore, le operazioni: per lui è iniziato un calvario che continua ancora oggi. “Vuoi sapere se avevo capito che Valentina era morta? L’ho saputo un’ora dopo essere uscito di lì ma lo immaginavo. Anche perché per tutte quelle ore l’ho avuta accanto a me, la vedevo come fosse un angelo, mi ha dato la forza per rimanere in vita e tornare da Gaia”, dice.

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Il suo unico pensiero era tornare dalla figlia ed è per lei che continua la battaglia per la giustizia. “A quelli che hanno sottovalutato la situazione, gente che ogni mattina si mette la giacca e la cravatta e che ha passato il Natale ridendo e scherzando con chi ama, dico solo una cosa: vorrei che provassero quel che ho vissuto io, anche un’ora delle 60 che ho passato” – conclude- Io vivo solo per due motivi: fare tutto quello che serve a Gaia per vederla sorridere e avere giustizia come uomo, padre, marito e cittadino”.

Lorena Cacace

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