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Quali azioni sono più utili oggi, per rilanciare l’economia reale italiana? Regole del mercato per le PMI, credito e fisco. Questi i temi analizzati da Valore Impresa, in occasione degli Stati Generali della Piccola Impresa e delle Professioni svoltesi a Roma. Ed ecco tutte le proposte che sono venute fuori dai tavoli tematici.
Per quanto riguarda le regole del mercato si chiede l’adozione di misure che portino all’effettiva divisione in lotti delle gare di appalto di maggiori dimensioni e alla corretta commisurazione dei requisiti richiesti rispetto agli appalti messi a gara. Ma anche l’affidamento ad un’Autorità indipendente della verifica periodica sull’operato delle stazioni appaltanti, al fine di sanzionare l’immotivata concentrazione in lotti di gara di grandi dimensioni; il riconoscimento del diritto a ottenere la documentazione relativa al periodo di esecuzione del contratto previsto nei bandi. Nonché la previsione normativa di una quota di appalti riservati ai consorzi costituiti esclusivamente da pmi, relativamente alle gare di importo superiore ad 2 milioni di euro, e la previsione di una disciplina di funzionamento agevolata, sia sotto il profilo fiscale, sia sotto il profilo della partecipazione alle gara, per i consorzi fra pmi.
Occorrerebbe un intervento correttivo sul D. Lgs. 175/2016, “al fine di ottenere la definitiva eliminazione della distorsione della concorrenza operata dalle società ‘in house’ ai danni della pmi. Il limite del 20% delle attività consentite al di fuori dell’ente controllante è tuttora insufficiente a garantire l’effettiva parità di concorrenza degli operatori del mercato, tenendo anche conto che, grazie al mercato captive garantito dalle amministrazioni controllanti, le società in house dalla documentazione relativa al periodo di esecuzione del contrattoanno raggiunto dimensioni tali da distorcere i mercati di riferimento”.
Per quanto riguarda il credito è necessario creare nuove regole di iscrizione nelle banche dati private e pubbliche, con lo scopo di alimentare ed incrementare un consolidamento dell’economia reale , per beneficiare della grande massa di denaro messo a disposizione dalla Bce con modalità meno farraginose e punitive di quelle attuali. Bbisogna adeguare i diritti del privato cittadino alle pmi, sembra illogico infatti, o comunque punitivo per le pmi non poter richiedere ed ottenere la cancellazione delle posizioni dopo aver regolarizzato il rapporto debitorio con l’istituto di credito di riferimento. Ciò provoca un danno irreparabile alle stesse perché, l’impossibilità di accesso al credito, determina la inevitabile chiusura dell’attività e lede un diritto fondamentale della parte”.
E’ importante “ridurre i tempi delle SIC per effettuare la cancellazione prevista dall’art. 6 comma 7 del codice deontologico da 90 giorni a massimo 15 giorni con ordine alle stesse di invio di nuova visura dopo la cancellazione. Oltre a ordinare alle banche segnalanti nonché alle SIC (CRIF – CTC – EXPERIAN ) di indicare espressamente , sulla visura, la data in cui si è verificato il ritardo di pagamento della prima rata del finanziamento o mutuo. Ciò perché è nella consolidata prassi delle banche segnalanti, oltre a non procedere all’avviso della imminente segnalazione nei SIC , previsto per legge, di procedere alla segnalazione subito dopo pochi giorni del mancato pagamento , non rispettando i tempi previsti dal codice deontologico (120 giorni)”.
Allo studio c’è anche la nascita e il sostegno eventuale delle aziende fintech italiane che propongono nuovi servizi finanziari, che potrebbero ridurre le procedure si autorizzazione di Banca Italia e Consob, migliorando le leggi per tutelare i finanziatori-prestatori, premiandoli con una pressione fiscale sugli utili equiparabile a quella dei titoli di Stato. “Importante anche il sostegno alla nascita di un fondo-partecipativo per lo sviluppo delle pmi i cui soci dovrebbero essere fondi di investimento sia italiani che esteri, la Cassa Depositi e Prestiti, le casse degli ordini professionali ed, inoltre, Valore Impresa che parteciperà con i suoi iscritti attuando una rivoluzione al paradigma associativo cioè trasformare la quota associativa in quota di partecipazione al fondo”.
Per quanto riguarda il Fisco, si ribadisce “l’equità fiscale quale presupposto necessario per il rilancio economico del Paese. L’obbligazione tributaria e contributiva deve poter essere assolta per compensazione con i crediti commerciali che il contribuente vanti nei confronti della PA e tale facoltà non può essere limitata solo ai debiti iscritti a ruolo”.
“Non è ammissibile in democrazia che, mentre lo Stato paga i suoi debiti con i fornitori nei tempi biblici che si arroga, quegli stessi fornitori siano chiamati ad adempiere ad imposte e contributi alle esatte scadenze. Non è ammissibile che dal giorno dopo subiscano le sanzioni erariali per ritardato versamento. Troppo spesso l’illiquidità che impedisce all’impresa il versamento di tributi e contributi è proprio l’effetto indiretto dei ritardi di pagamento delle fatture emesse alla pubblica amministrazione. Lo Stato è indulgente con se stesso quando paga i suoi debiti commerciali in cronico ritardo, ma è inflessibile con i contribuenti sulle loro scadenze fiscali. Il rapporto tra erario e privati non si evolve nella democratica parità tra le parti, ma è una costante prova di muscoli in cui lo Stato fa prevalere la propria forza incontrastabile”.
La proposta: “Consentire l’integrale compensazione, già in delega di pagamento F24, dei debiti fiscali e contributivi con i crediti commerciali che il contribuente vanti verso la pubblica amministrazione dandole solo la facoltà di contestare, entro 60 giorni, le fatture che le sono state notificate. La compensazione del credito commerciale verso la pubblica amministrazione deve essere una prerogativa a regime del contribuente, da usare giorno per giorno, perché le attuali possibilità di assolvere a tali obblighi sono troppo disarticolate e circoscritte per presidiare la democrazia nel mercato”.
Inoltre “le imprese devono cessare di pagare imposte su denaro che non hanno incassato. Attualmente determinano la propria base imponibile delle imposte dirette applicando meccanicamente il criterio di competenza. All’esito di una prestazione di servizi o di una cessione di beni il relativo ricavo è quindi iscritto in contabilità con in contropartita il credito verso il cliente. Su tali ricavi le imprese, poi, liquidano e pagano le imposte indipendentemente dalla circostanza che il connesso credito sia stato incassato, o meno, nell’esercizio”.
“L’attuale normativa fiscale non riconosce infatti alcuna rilevanza alle patologie del credito. A fronte di un cliente cattivo pagatore il fisco si limita a consentire la deduzione della perdita sul credito solo se l’impresa fornisce la prova, spesso diabolica, che sussistono elementi certi e precisi per dimostrare l’impossibilità dell’incasso. In attesa che la perdita sia conclamata le imprese anticipano metodicamente imposte al fisco su denari che non hanno incassato e che, forse, non percepiranno mai. Per tale ragione Valore Impresa chiede che siano sospese le imposte dirette sui ricavi che abbiano generato crediti di difficile esigibilità”.
“Novanta giorni dopo l’emissione della fattura – continuano gli esperti – se il prezzo od il corrispettivo dovuti non sono stati pagati dal cliente, l’impresa deve avere la facoltà di sospendere la tassazione del connesso ricavo fino al giorno dell’effettivo incasso. Naturalmente la proposta deve contemplare una clausola anti abusiva che sterilizzi il rischio che detta facoltà si tramuti in una facile occasione d’elusione od evasione fiscale”. “Affinché la sospensione della tassazione operi l’incaglio del credito deve essere quindi affatto reale e comprovato dall’avvio delle procedure giudiziali di recupero. In tal modo si contempera l’esigenza dello Stato di evitare abusi in danno del gettito con la necessità delle imprese di non anticipare le imposte dirette su crediti d’improbabile incasso”.
In collaborazione con AdnKronos
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