A differenza di quanto si possa pensare, i buoni fruttiferi postali non sono una pratica relegata al passato dei nostri nonni ma uno strumento di risparmio e investimento ancora molto utilizzato. Il suo merito evidente è la relativa sicurezza del deposito se rapportato al sistema bancario o al mercato azionario. I buoni fruttiferi postali, collocati in esclusiva da Poste Italiane, sono infatti titoli emessi dalla Cassa depositi e prestiti e garantiti dallo Stato Italiano. Il che significa che, accada quel che accada, la restituzione del capitale investito e degli interessi maturati è sempre garantita. Vediamo allora come procedere al rimborso dei buoni fruttiferi postali.
E’ necessario chiarire per prima cosa che non esiste un solo tipo di buono fruttifero postale, anzi. Per venire incontro alle necessità delle diverse categorie di risparmiatori, fin dal suo esordio questo strumento è stato diversificato in soluzioni con rendimento e durata dal taglio specifico. Esistono, ad esempio, buoni fruttiferi a 18 mesi, a 2 o 3 anni, anche se i più comuni sono i famosi buoni fruttiferi postali ordinari, che hanno un rendimento fisso crescente e una durata lunga (la scadenza può arrivare dopo un periodo anche di 20 o 30 anni). In questo caso è necessario tenere d’occhio la data di scadenza, fondamentale per la richiesta di rimborso.
Questi titoli possono essere sottoscritti e rimborsati in tutti gli Uffici Postali (anche online per i correntisti BancoPostaonline), senza alcuna commissione o spesa, ad esclusione di quelle di natura fiscale. La questione interessi è importante anche ai fini del rimborso, perché i buoni fruttiferi postali diventano infruttiferi dal giorno successivo alla scadenza qualora emessi in forma cartacea. Trascorso il periodo chiamato in gergo di ‘dormienza’, che dura 10 anni, i buoni cadono in prescrizione, con ricadute importanti sui titolari.
La data di scadenza
Capita a volta di leggere notizie che parlano di buoni fruttiferi trovati da eredi dei firmatari e che l’istituto emittente non ha voluto rimborsare. Come è possibile che un investimento non possa essere rimborsato? Il problema nasce proprio dalla data di scadenza. Se il buono è scaduto, infatti, può ancora essere riscosso regolarmente entro i citati 10 anni dal termine. Potrebbe accadere inoltre che l’intestatario, che ha il diritto di riscuotere il buono, nel frattempo sia deceduto: in questo caso è necessario che la richiesta di rimborso del buono venga formulata da tutti gli eredi, che avranno diritto di percepire le somme derivanti dalla riscossione nella misura prevista dal Codice Civile in caso di concorso tra più eredi.
Cosa succede se il buono viene ritrovato dopo che la data di scadenza sia già stata superata? In questo caso le notizie sono tutt’altro che positive, perché dopo 10 anni il buono è da considerarsi prescritto, il che significa in poche parole che il diritto di riscuoterne il capitale e gli interessi non può essere più validamente impugnato. Questo a maggior ragione da quando i buoni postali fruttiferi sono diventati di gestione del Ministero delle Finanze, che li ha equiparati ai titoli del debito pubblico (BOT, BTP, CCT) e quindi assoggettati alla disciplina in tema di prescrizione. L’unica cosa da fare e tenere sempre sott’occhio la data di scadenza, per non vedere vanificati gli investimenti nostri o dei nostri avi.
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