Vietati jeans strappati, pantaloncini e infradito in una scuola di Rimini. Sanzioni a chi sgarra. Fa discutere il nuovo regolamento dell’istituto Belluzzi-Da Vinci, chiesto dai docenti e condiviso dalla preside Sabina Fortunati: «A scuola ci vuole un minimo di decoro». Mentre le associazioni degli studenti gridano al regime.
La prima campanella all’istituto Belluzzi-Da Vinci di Rimini suonerà venerdì, ma i primi “compiti” per gli studenti sono pronti: le regole per vestirsi in modo decoroso.
Non si potranno indossare pantaloncini corti, canotte, jeans o magliette strappate. Né infradito o ciabatte. Per moda e comodità non c’è posto durante le lezioni.
Dopo tre infrazioni, per chi va a scuola vestito in modo «non consono all’ambiente», scattano le note e i richiami scritti.
Il regolamento, approvato dal collegio docenti, prevede sanzioni anche per «la diffusione di immagini e conversazioni con dati personali altrui non autorizzate, tramite internet o scambi reciproci di messaggi». La interpretiamo così: vietato diffondere sui social immagini e conversazioni private che coinvolgano studenti e professori.
Il regolamento (questa di Rimini non è la prima scuola in Italia che ne applica uno simile sull’abbigliamento), ha diviso studenti e genitori. Alcune associazioni studentesche gridano già al regime: «A pochi giorni dall’inizio della scuola i presidi sceriffo sono già pronti a controllare e reprimere gli studenti. Ma anche noi siano già pronti: la nostra rabbia contro il vostro decoro calato dall’alto!», commenta StudAut, la rete di collettivi autorganizzati.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’Uds dell’Emilia Romagna che, tramite il coordinatore Francesco Tinarelli, parla di regolamento antidemocratico: «Dimostra ancora una volta che le vere priorità degli studenti, come tutele sui progetti di alternanza scuola-lavoro e maggiori diritti agli studenti, vengono messe in secondo piano rispetto a provvedimenti proibizionisti».
La preside: «Prepariamo i ragazzi al futuro»
La preside Sabina Fortunati, in un’intervista al Corriere, difende e spiega il provvedimento: «Decoro e rispetto vanno recuperati. Forse abbiamo allargato le maglie un po’ troppo, e invece gli studenti devono ricordare che la scuola è un’istituzione pubblica, dove si trasmettono valori e si educa ai principii. I ragazzi devono capire che ogni luogo comporta un atteggiamento adatto, che esistono contesti formali e informali, in base ai quali si sceglie come vestirsi. E che la cura della persona è la prima presentazione».
La preside spiega che l’idea è nata dalla segnalazione dei docenti e che vestirsi in modo consono serve a preparare i ragazzi ai futuri ambienti lavorativi: «Li prepariamo al futuro. Quando iniziano a fare alternanza scuola-lavoro, con stage in azienda, devono capire che ci sono ambienti di lavoro dove non si può essere troppo sportivi o trasandati. Se vanno in gita, o al parco, o al pub, possono fare quel che vogliono».
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