Grazie ad una proposta di mediazione intavolata dalla presidenza francese, si sblocca l’impasse ormai decennale che dovrebbe portare Albania e Macedonia del Nord ufficialmente in UE.
I due Paesi avevano ottenuto lo status di candidati rispettivamente nel 2014 (Albania) e 2008 (Macedonia del Nord), ma da allora l’iter si era bloccato, in primo luogo per il veto opposto dalla Bulgaria.
L’Unione Europea, conscia di doversi rafforzare diplomaticamente e strategicamente per reggere l’urto del revanscismo delle grandi potenze mondiali (Russia innanzitutto), ha ripreso il percorso di allargamento dei suoi confini attraverso il recupero di alcuni dossier ormai bloccati da troppo tempo per via delle usuali controversie tra stati membri.
Se per strappare Ucraina e Moldavia dalla zampata dell’orso russo, il Consiglio Europeo ha avviato un rapido sentiero per il riconoscimento dei due stati quali candidati ufficiali, stessa velocizzazione si vorrebbe attuare per porre in essere le adesioni di quegli stati che riconosciuti aspiranti all’ingresso in UE lo sono da anni.
Oltre alle neo pretendenti appena incluse, Kiev e Chisinau appunto, altri cinque Paesi attendono di comprendere le loro sorti nell’Unione. Quattro di questi sono stati balcanici: Macedonia del Nord (candidata dal 2005), Montenegro (2010), Serbia (2012) e Albania (2014); infine vi è la Turchia di Erdogan, il più anziano richiedente, in lista d’attesa dal 1999.
Sebbene vi sia quindi ancora molto lavoro da fare, sia per Consiglio UE che per governi nazionali al fine di raggiungere quegli standard richiesti per poter portare avanti le domande di adesione totale, sembrerebbe potersi sbloccare a breve la sorte di Tirana e Skopje.
In particolare è stata la Repubblica macedone il più ostico membro da far accettare, soprattutto per l’opposizione della Bulgaria. Sofia ha infatti sempre negato il suo benestare, di fatto ponendo un veto alla unanimità necessaria, poiché accusava il suo confinante sud-occidentale di considerare cittadini di serie B le minoranze etnico-culturali bulgare presenti sul suolo di Skopje.
Attraverso la mediazione di Emmanuel Macron si è forse finalmente giunti alla risoluzione della controversia: in cambio del lasciapassare della Bulgaria all’ingresso in Unione Europea, la Macedonia del Nord si impegna a modificare la propria Costituzione al fine di offrire maggiori tutele e diritti proprio alle componenti bulgare ivi stanziate.
Ora bisognerà aspettare la modifica, non scontata nei numeri, della carta fondamentale macedone, per la quale è richiesta l’approvazione di almeno due terzi del parlamento, il quale ha pareri molto vari e contrastanti sulla norma.
Insomma, come sempre a tentoni e tra mille asperità, prosegue il lento allargamento dell’UE: purtroppo la diplomazia richiede tempo e accordo tra le parti, tuttavia è proprio questa la sua forza; altrimenti vi è pur sempre il più rapido, ma assai più annoso e riprovevole, metodo Putin.
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