Martedì 23 agosto la polizia brasiliana ha perquisito alcune abitazioni di influenti imprenditori carioca vicini al presidente Jair Bolsonaro i quali sembrerebbe stessero progettando un colpo di stato.
Le indiscrezioni che hanno portato alle indagini derivano da alcune conversazioni tra uomini di affari che avrebbero prospettato la possibilità di compiere azioni sovversive nel caso in cui Bolsonaro dovesse perdere le imminenti elezioni politiche.
Cosa sappiamo del possibile colpo di stato in Brasile
A ottobre i cittadini della Repubblica Federale brasiliana saranno chiamati alle urne per rinnovare il proprio Presidente della Repubblica.
Secondo i sondaggi, la vittoria sembra essere assicurata per la formazione di sinistra Partito dei Lavoratori, guidata dal già presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Parimenti conseguente appare la debacle per Jair Bolsonaro, attualmente espressione del Partito Liberale, dopo vari cambi di casacca.
Tale prospettiva sembrerebbe abbia preoccupato alcuni imprenditori particolarmente vicini all’attuale presidente, i quali temono che le politiche maggiormente volte al sociale, all’ambiente ed al welfare proposte da Lula siano un freno alle proprie attività e conseguenti guadagni.
Del resto Bolsonaro ha costruito la propria ascesa al potere anche sul placet che le sue idee liberal-conservatrici, quando non direttamente di destra reazionaria, hanno stimolato tra i gruppi di interesse economico più importanti del Paese.
A suffragare questa vicinanza ideologico-strumentale vi sarebbe ora l’indagine avviata dalla Corte Suprema di Brasilia, la quale ha posto sotto investigazione alcuni imprenditori dopo che questi hanno espresso, tramite messaggi e conversazioni telefoniche, la propensione ad attivarsi per mantenere al potere Bolsonaro in caso di sconfitta di quest’ultimo nelle urne.
L’indagine della Corte Suprema
Alexandre de Moraes, il giudice incaricato dalla Corte di effettuare le opportune verifiche sul caso, ha emesso l’ordinanza che ha dato luogo alle perquisizioni domiciliari di ieri. Oltre a ciò i conti bancari degli indagati sono stati vagliati dalla polizia ed agli stessi è stato inibito l’accesso ai social network.
Per il momento l’inchiesta non si concentra sull’effettiva volontà di compiere un golpe, bensì converge maggiormente sulla campagna di disinformazione e di incitamento alla violenza messa in atto dai magnati posti sotto attenzione dalla Corte Suprema.
Soprattutto ad essere attenzionato è il discredito che tali uomini d’affari, nonché lo stesso presidente Bolsonaro, avrebbero propagandato nei confronti della commissione elettorale brasiliana.
Secondo un copione che ricorda per molti versi le accuse ed invettive di Donald Trump all’indomani della sconfitta alle elezioni U.S.A. del 2020 (e che hanno portato al per certi versi macchiettistico assalto al Campidoglio), Bolsonaro critica da mesi l’affidabilità del sistema di votazione elettronico, prospettando un possibile non-riconoscimento del voto popolare, naturalmente solo in caso di sconfitta.
Se tale dinamica dovesse inscenarsi, come sembra probabile dalle intenzioni di voto, alcuni asset dell’imprenditoria brasiliana sembrano pronti a sostenere le rivendicazioni di potere del leader di destra.