Che cos’è il rischio idrogeologico? Sempre più spesso sui media vengono lanciati allarmi dagli esperti circa le fragili condizioni in cui versa il territorio naturale, sottoposto alla stressante azione dell’uomo: oltre all’impatto diretto delle nostre attività si sono aggiunti negli ultimi anni i poderosi cambiamenti climatici, che sono anch’essi indirettamente figli dell’Antropocene, ossia dell’attività dell’uomo nell’era contemporanea, provocando il dissesto idrogeologico che mette a rischio le vite umane, soprattutto a seguito di calamità naturali come frane, alluvioni, fino ad arrivare ai fenomeni meteorologici più estremi che coinvolgono soprattutto il continente americano e l’Asia. Vediamo allora quali sono le cause del rischio idrogeologico, e come poter eventualmente contrastarne gli effetti attraverso specifici provvedimenti riparatori.
Rischio idrogeologico, cause e sviluppo del fenomeno
Prima che l’azione dell’uomo divenisse determinante nella produzione del dissesto territoriale, il rischio idrogeologico era considerato un fattore dovuto a cause naturali, in particolare laddove si registra un’instabilità dei terreni, dei pendii rocciosi, o dei corsi fluviali, giusto per fare esempi banali, per la conformazione geologica e morfologica di quello specifico territorio. Il moltiplicarsi degli studi in materia negli ultimi decenni ha portato alla luce senza dubbio alcuno l’aumento del rischio idrogeologico a seguito delle attività umane, che hanno un impatto devastante sulle condizioni naturali di un territorio per modificarlo e renderlo più fruibile per l’uomo. Ecco allora che il dito viene puntato sulla cementificazione innanzitutto: costruire strade, abitazioni, ponti, dighe e via discorrendo ha aumentato esponenzialmente il fattore di rischio, considerando che fenomeni illegali come l’abusivismo o la cementificazione delle coste hanno ulteriormente ‘stressato’ il territorio, come se non fossero bastate già le costruzioni a norma di legge.
Alcuni dati risalenti al 2014 parlano di un 68,9 per cento dei comuni in Italia sottoposti a rischio idrogeologico, solo per restare al nostro Paese, con frane e alluvioni in prima linea come possibili conseguenze, senza dimenticare l’esondazione dei fiumi a causa dell’indebolimento degli argini. Non soltanto il cemento selvaggio è responsabile dell’aumento di rischio idrogeologico: anche la deforestazione, molto spesso per cause dolose e non naturali, contribuisce a indebolire il territorio, come purtroppo dimostra il dramma incendi che ha colpito l’Italia nell’estate 2017, lasciando interi ettari totalmente privi di difese naturali contro le piogge invernali, che sempre più spesso assumono la famigerata connotazione di ‘bombe d’acqua’, in virtù dell’aumento delle temperature medie che favorisce fenomeni climatici di natura estrema e virulenta.
Come prevenire il rischio idrogeologico
Dato questo stato delle cose, è ancora possibile prevenire il rischio idrogeologico, oppure la situazione è incontrovertibile? Invero, in linea teorica, si potrebbe fare molto per contrastare i fattori di rischio ed ammortizzare gli effetti del dissesto idrogeologico, ma richiede un grande impiego di risorse economiche e di investimento di tempo. Basti pensare che solamente per ripiantare gli alberi bruciati dagli incendi ci vogliono anni, e nel frattempo si possono solo attuare dei palliativi per arginare il rischio delle frane, così come gli abbattimenti di ecomostri e abusi edilizi vari richiedono molto tempo prima di essere effettuati, tra ricorsi dei cittadini e una politica che liscia loro il pelo per non perdere voti, a dispetto delle sentenze. Nel 2013 è stato approntato in Italia un Piano per la riduzione del rischio idrogeologico, consistente in oltre di tremila interventi, ma è rimasto quasi lettera morta: è chiaro che il nostro Paese necessita di un piano di manutenzione straordinario che a conti fatti costerebbe assai meno, anche in termini economici e non soltanto di vite umane, di riparare ogni volta i danni causati da qualche disastro naturale. Ma ciò richiede uno sforzo di buon senso da parte di tutti, a partire proprio dai cittadini, e questo discorso vale per l’Italia quanto, purtroppo, per buona parte del mondo cosiddetto ‘civilizzato’.