Ristrutturazione casa: la nuova direttiva europea mette a rischio due immobili su tre, realizzati, in gran parte, prima della crisi petrolifera degli anni del ’73.
La direttiva europea obbliga a mettere in atto la ristrutturazione degli edifici. Nel testo sulle prestazioni energetiche, infatti, viene esplicitato che questo passaggio è fondamentale, affinché si emettano meno emissioni possibili per quel che concerne le case italiane. Considerando questo dettaglio, la spesa per attuare questo processo ammonterebbe al PIL di un intero anno.
Il risparmio energetico è uno degli obiettivi principali della nuova direttiva europea riguardante la ristrutturazione casa, di cui da tempo si discute, al fine di rendere gli edifici a uso abitativo più efficienti e meno energivori.
Le nuove disposizioni, però, vanno a cozzare con la situazione attuale dell’Italia, composta, in prevalenza, da abitazioni realizzate negli anni ’70, periodo nel quale non si poneva molta attenzione alle tematiche ambientali e al consumo di energia.
Per procedere alla massiccia ristrutturazione, imposta dall’Europa, servirebbe, infatti, un intero PIL annuale del nostro paese per poter adeguarsi alla stretta sulle emissioni.
Un lavoro di mole elevata, che richiede l’impiego di risorse economiche ingenti, nonché di imprese edili che dovrebbero attuare questa transazione energetica degli edifici.
Secondo quanto si apprende da una prima bozza del documento, che dovrebbe avere il via libera a partire dal 24 gennaio 2023, si legge che, entro il 2030, tutti gli edifici, residenziali e non, dovranno adeguarsi alle nuove direttive legate all’efficientamento energetico.
In sostanza, ogni abitazione e/o palazzo dovrà ottenere una certificazione che attesti classe energetica E. Si stima che tra il 2040 e il 2050, inoltre, gli edifici saranno talmente efficienti, dal punto di vista energetico, che giungeranno all’obiettivo emissioni zero, di cui tanto si è discusso.
Queste azioni, dunque, sono rivolte ad abbassare, quanto più possibile, il livello di inquinamento collegato agli immobili ed abbracciare, nel contempo, un’edilizia sempre più “verde”.
Come sottolineavamo, una manovra simile comporterebbe dei costi decisamente elevati per il nostro paese, in cui il settore immobiliare è composto, in prevalenza, da edifici di vecchia data. Un costo che potrebbe ulteriormente incrementare senza la presenza di agevolazioni o bonus.
Per tutti gli stabili pubblici che saranno costruiti, a partire dal 2028, dovranno essere costruiti, per legge, seguendo il percorso emissioni zero. Tale impostazione diventerà valida, a partire dal 2030, anche per gli edifici privati.
Gli edifici adibiti a culto, quelli storici e altre specifiche tipologie di fabbricati, al momento, restano fuori da tale ottica, salvo cambiamenti futuri.
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