[didascalia fornitore=”altro”]Foto Pixabay[/didascalia]
A 31 anni di distanza dalla sua scomparsa, Elena Basykina è stata ritrovata all’altezza di 4.200 metri tra i ghiacciai che portano alla vetta del monte Elbrus, il più alto di tutta la Russia. Il corpo dell’alpinista è ridotto a una statua di cera. Dopo oltre 3 decenni si risolve dunque uno dei più inquietanti gialli della storia dell’alpinismo. Il ritrovamento del corpo di Elena conferma oggi una delle tesi dell’epoca, ovvero che la donna e i suoi cinque compagni di scalata del Club dei turisti di Lenin furono con buona probabilità travolti da una valanga.
Erano gli anni di Gorbaciov e dell’Unione Sovietica, quando si persero le tracce di Elena: le ricerche all’epoca proseguirono a lungo ma senza mai condurre ad alcuna soluzione del caso. Si arrivò a ipotizzare che la donna e i suoi compagni di scalata furono stati rapiti da uno gruppi indipendentisti attivi in quell’area al confine con la Georgia, ma nessun elemento confermò mai tale tesi. I familiari della Basykina hanno vissuto per decenni del dolore della scomparsa di Elena e nell’angoscia dell’assenza di una spiegazione.
La madre dell’alpinista non resse a tutta quella sofferenza e si ammalò fino a morire. Lo raccontano oggi i parenti sopravvissuti che hanno avuto il privilegio di ottenere almeno una risposta sulla scomparsa della donna.
Il ritrovamento del corpo dell’alpinista risale a qualche giorno fa: il corpo mummificato è stato rinvenuto da gruppo di alpinisti di rientro dalla scalata dell’Elbrus, alto 5.642 metri. Immediata la denuncia alle Forze dell’Ordine che hanno potuto facilmente identificare la donna, grazie al passaporto che aveva custodito in tasca. Ora è scattata la ricerca dei cinque compagni di Elena Basykina.
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