Antonio Logli è stato condannato per l’omicidio della moglie, Roberta Ragusa, perché “è un bugiardo e ha reiteratamente e pervicacemente tentato di mistificare la realtà“. Sono queste le motivazioni della sentenza di condanna a 20 anni di carcere per omicidio volontario e occultamento di cadavere, depositate dal gup di Pisa Elsa Iadaresta. Per l’uomo era arrivata la condanna in rito abbreviato lo scorso 23 dicembre per la morte della moglie, svanita nel nulla la notte tra 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello di San Giuliano Terme e il cui corpo non è mai stato ritrovato. Il Gup si è preso tutti i 90 giorni da legge per depositare le motivazioni della sentenza che chiariscono come si è arrivati alla decisione.
Nelle motivazioni, il giudice scrive che Logli “è un bugiardo e ha reiteratamente e pervicacemente tentato di mistificare la realtà fornendo in più occasioni una versione degli accadimenti non corrispondente al vero e spesso smentita dagli esiti investigativi“.
ROBERTA RAGUSA, ANTONIO LOGLI, SARA CALZOLAIO: TUTTI I PROTAGONISTI DELLA VICENDA
L’aspetto contro cui punta il dito il tribunale è la tendenza dell’uomo a mentire, tanto che Logli viene descritto come persona “dall’indole menzognera e con una consistente insensibilità d’animo, palesata non solo nei riguardi di Roberta, ma anche di Sara, donna della quale si dice innamoratissimo, ma che costringe a una vita da perenne amante“, si legge in merito a Sara Calzolaio, amante dell’uomo nonché ex baby sitter della coppia.
Le bugie di Antonio Logli riguardano molti se non tutti gli aspetti di questa oscura vicenda che, nelle sue parole, diventa una “galassia di menzogne che non risparmiavano nessuno“: non ha detto il vero sulla “profonda crisi che attraversava da tempo il suo matrimonio” e sulla “relazione extraconiugale con Sara Calzolaio, iniziata nel 2004 e che ha riferito solo il 16 gennaio 2012 allorché la donna lo mise alle strette“.
Logli ha mentito soprattutto nella ricostruzione della notte della scomparsa di Roberta Ragusa quando disse di aver fatto “una sola telefonata alla Calzolaio, quando in realtà ve ne sono state tre consecutive, l’ultima delle quali alle 00.18 di appena 28 secondi“.
Tutto quello che riguarda quella notte è una bugia, continua il giudice. Su come Logli si era procurato i graffi alla tempia, sullo zigomo sinistro e sulla mano sinistra, “tutte lesioni compatibili con una colluttazione“, mentre dichiarò più volte “di esserseli procurati sbattendo contro uno spigolo” o disse al PG “di essersi graffiato contro i rami del suo ulivo in giardino“.
Ha mentito quando ha ipotizzato e sostenuto per lungo tempo davanti agli inquirenti che Roberta si fosse allontanata volontariamente per “un momento di scarsa lucidità mentale della donna”, dovuto a un presunto colpo alla testa subìto per una caduta dalle scale, cosa che neanche il medico da cui Roberta si fece vistare dopo l’episodio aveva riscontrato.
Soprattutto ha mentito sul suo alibi visto che “lungi dallo stare in casa e a letto, quella sera uscì”, venendo visto da numerosi testimoni, e “perché sicuramente usò la Ford che poi frettolosamente parcheggiò in un posto diverso (e meno visibile) di quello usuale”.