È uscito, in tutte le sale. Ed è stato un pugno nello stomaco tremendamente piacevole. In moltissimi sono accorsi a vederlo, addirittura c’è stato il sold out alla mezzanotte del pre-Day One. Gente che si è buttata su bus, taxi, auto e biciclette per arrivare in tempo e vedere Rogue One: A Star Wars Story prima degli altri. È vero, molti non lo hanno ancora visto ed è soprattutto per voi che scrivo queste righe.
Rogue One: non è uno spin-off
Non è uno spin-off. È proprio sbagliato chiamarlo così. Mettiamocelo in testa, anzi, parlo a voi fan accaniti di Guerre Stellari (si perché in Italia, soprattutto quando la globalizzazione era ancora solo un nome appena aggiunto nel dizionario, Star Wars lo chiamavano tutti così, Guerre Stellari. A pensarci oggi fa un po’ schifo ma è la storia). Rogue One è una storia che si pone esattamente in mezzo alle due trilogie e ci racconta, ci spiega, ci risponde a quella domanda che tutti ci eravamo fatti: come è possibile che la Morte Nera abbia un punto debole e come è possibile che qualcuno sapesse dove colpire quell’astronave all’apparenza perfetta?
Rogue One: personaggi femminili
Ecco. Rogue One non solo è un film gradevole, anzi è proprio bello. Ho sentito dire che la Disney sta riportando in auge, anzi sta spingendo le protagoniste femminile, le sta valorizzando e sta mostrando un lato duro, cazzuto e egoistico delle donne. Questa sarebbe una critica? Non ha nessun senso. È come dire che tutte le aziende alimentari stanno togliendo l’olio di palma dai loro prodotti perché fa male (…). Si chiama evoluzione, più o meno. Cioè, mi spiego: ben venga che i personaggi femminili vengano valorizzati. BEN VENGA.
E non è nemmeno vero che Rey (protagonista di Episodio 7) e Jyn siano uguali. Hanno delle somiglianze, verissimo. Ma avete presente il mondo di Star Wars? Tutti hanno perso qualcuno. Tutti hanno voglia di rivalsa, di vendetta oppure bisogno di redimersi o di credere e sperare nella Forza. La verità che il film è davvero un pregio, un regalo, uno stimolo per i futuri Star Wars che andranno a comporre la saga di Lucas. E diciamoci la verità: questo Rogue One è meglio di alcuni degli Star Wars di Lucas. Senza alcun dubbio.
Rogue One: un film ponte per rispondere ad una domanda
Dicevo che il film è godibile. La parte iniziale è leggermente lenta, non significa noiosa. La prima fase deve addentrare lo spettatore alla nuova storia, spiegare subito i personaggi, nel modo più preciso e dettagliato. Rogue One non è uno di quei film nei quali conosci i personaggi attraverso un azione complessa, confusa e di grande impatto. Assolutamente. Altrimenti si sarebbe chiamato Rogue One: A Mercenari Story. Per intenderci. Il grande pubblico generalista e fan di Star Wars non ama i cambiamenti o meglio vorrebbe qualcosa che senza staccarsi da ciò che è “l’originale” ma con un plus che dia nuova aria, nuova linfa alla Saga. Ed è tutto quello che accade nella seconda e terza fase.
Togliamoci il dubbio: i canoni classici di Star Wars ci sono tutti e i fan possono stare tranquilli a mio avviso. Non c’è un capello fuori posto, anzi si. Uno e uno solo. Sto parlando dell’intro alla Guerre Stellari con la trama della storia dell’episodio scritta nell’oscurità dell’universo stellare. Ecco, quello manca e ho sentito amici e conoscenti lamentarsene e mi sono fatto un gran bella risata. Ecco, è anche con questo esempio che dico che l’appassionato di Guerre Stellari vuole dei cambiamenti ma senza mai cambiare troppo. E Rogue One è stata la perfetta soluzione.
La seconda fase della presa di coscienza da parte di Jyn, la creazione del team, il viaggio e poi l’inizio della missione. Una missione praticamente suicida e già dall’inizio ne possiamo comprendere il valore, la forza e l’epicità. I due personaggi secondari meglio scritti degli ultimi tempi hanno dato una grossa mano al film. Sto parlando ovviamente di Chirrut e Base ossia il cieco con il bastone (mamma mia quanto adoro questo personaggio) e il suo abile e fedele compagno che sembra uscito direttamente da un capitolo di Gears of War che si rivela un ottimo personaggio anche se inizia a piacere piano piano.
Ci rendiamo subito conto che non siamo all’interno dell’universo fiabesco e per ragazzi creato in Episodio 7. Mi spiego: l’ultimo capitolo della Saga tradizionale, chiamiamolo così, è stato creato dalla Disney proprio per riportare Star Wars nelle case dei fan del primo respiro e di avvicinare una nuova generazione al mondo di Guerre Stellari e nonostante le critiche la Disney è riuscita a fare tutto ciò. Un film abbastanza brutto, diciamo non bellissimo ma è riuscito a fare quello che doveva fare. Fare Soldi. La Disney campa, molto bene, soprattutto con il Merchandising e Il Risveglio della Forza serviva proprio a questo. Rilanciare il prodotto di Lucas.
Con Rogue One, invece, la Disney fa un ulteriore passo in avanti e cerca di parlare a quel tipo di pubblico che non era stato impressionato a sufficienza da Il Risveglio della Forza. In questo capitolo c’è tutto. Tutto quello che possiamo immaginare da Star Wars. A partire proprio dai personaggi e meno male che c’è una forte presenza femminile nella figura della protagonista altrimenti sarebbe tutto uguale a se stesso. E meno male che ci sono i due personaggi secondari citati poche righe sopra. E meno male che c’è la simpatia irriverente di un nuovo robot. E meno male che c’è la presenza di un capitano che sembra avere secondi fini e invece l’unico scopo è quello di immolarsi per la ribellione, per la salvezza ma soprattutto per vivere in un universo libero.
Il regista, Gareth Edwards, mostra Rogue One come quel capitolo cupo e oscuro presente nella Saga che nessuno avrebbe mai voluto mostrarci. Un capitolo che spiega come si è arrivati a recuperare i piani della Morte Nera. Ma facciamo un salto all’indietro, nuovamente: Jyn è una protagonista cupa, triste (non sorride mai, non mostra emozioni, mai) è una dura. Ha visto morire un genitore e l’altro ha tradito ciò in cui ha sempre creduto per lavorare per l’Impero, per quelli che lei reputa i nemici. Ha vissuto da sola è stata nuovamente abbandonata dal padre putativo e la vita è dura. La vita è dannatamente dura. Jyn lo fa vedere senza dire una sola parola. Basta osservarla per capire che sicuramente c’è qualcosa che non è andato per il verso giusto nella sua infanzia. È questo il punto focale di tutto il film. È per questo che il film, dopo una della battaglie più violente e cruente di Star Wars (specifichiamolo, di Star Wars non del mondo del cinema) , termina con una delle scene più forti, sensate e senza dubbio realistiche della Saga.
Rogue One: tiriamo le somme
Nessuno falsa emozione, nessun bacio a casaccio, nessuna vita salvata all’ultimo secondo. Questa è un film. Questo è un vero film che non solo piace senza strizzare l’occhio ai fan della Saga, ovviamente a tutti coloro che non hanno Nostalgia come secondo nome, ma soprattutto può, anzi deve, piacere a tutti coloro che amano i film d’azione, di intrattenimento e di fantascienza.
Un film adulto, serio, sensato, deciso. Un capitolo che ci mostra una visione fino ad ora assente: la ribellione non sa cosa fare per combattere l’Impero, i Jedi sembrano essere scomparsi e la Forza è diventato una religione da divinizzare, da pregare, da richiamare perché assente, perché ha lasciato quell’universo perché la Forza sta abbandonando l’uomo e anche se la speranza è l’ultima a morire bisogna sacrificare qualcuno o qualcosa per sperare in un bene più grande.
Rogue One è andato, perduto, finito. La consapevolezza di aver visto un film che ci ha raccontato una storia ponte che inizia e finisce nell’arco di due ore e poco più forse non ci va giù del tutto visto che siamo stati abituati a qualche spadate di troppo e al tipico cliffhanger ci rimandava alla visione dell’episodio successivo. Rogue One è un pungo nello stomaco, un pugno tremendamente violento, sensato e piacevole. Ora mi chiedo: cosa ci aspetterà nei prossimi Star Wars? Filone Rogue One, con tematiche adulte o Il Risveglio della Forza, acchiappa ragazzini e ultra commerciale?