[didascalia fornitore=”Ansa”]Profughi Rohingya nei campi in Bangladesh[/didascalia]
Il dramma dei Rohingya condensato in un rapporto di Medici Senza Frontiere che dà i contorni della tragedia che sta colpendo la minoranza musulmana in Myanmar. Secondo la ong, che si occupa dei rifugiati in Bangladesh, in un solo mese dello scorso anno, precisamente tra il 24 agosto e il 25 settembre 2016, ci sono stati 6.700 morti: 730 sono bambini sotto i 5 anni. Numeri che dimostrano la violenza scagliata dall’esercito birmano contro la minoranza musulmana e che confermano l’inizio di quella che ormai è vista come pulizia etnica, secondo la definizione data da Zeid Ràad, Alto Commissario dei diritti umani delle Nazioni Unite alla Commissione Onu a settembre. Lo scorso fine agosto partì l’operazione congiunta di esercito e polizia del Myanmar che, aiutati da alcune milizie locali, iniziarono lo sgombero di interi villaggi e comunità Rohingya nello stato di Rakhine, a ovest del Paese, a seguito di alcuni attacchi dell’Esercito per la salvezza dei Rohingya dell’Arakan. Da allora, sono stati circa 670mila i profughi Rohingya scappati dall’ex Birmania verso il Bangladesh, dove ora vivono affollati in campi profughi dalle condizioni igienico e umanitarie sempre più critiche.
La comunità internazionale ha condannato le violenze contro i Rohingya ma senza intervenire nei confronti del governo birmano: in particolare pesa sempre più la posizione di Aung San Suu Kyi, la premio Nobel per la Pace e consigliere dell’esecutivo attuale, che non ha mai condannato la persecuzione contro la minoranza islamica. Papa Francesco, nel suo viaggio in Myanmar e Bangladesh dello scorso mese, ha cercato di rompere il silenzio: pur seguendo le indicazioni del governo birmano di non citare i Rohingya durante la sua permanenza nel Paese, una volta arrivato in Bangladesh ha incontrato una rappresentanza Rohingya e ha chiesto scusa per le violenze di cui sono stati vittime.
[didascalia fornitore=”ansa”]Papa Francesco incontra i Rohingya in Bangladesh[/didascalia]
Le cifre del report di Medici Senza Frontiere danno i contorni della tragedia che la popolazione ha vissuto e continua a vivere. I numeri però potrebbero essere anche peggiori. “Abbiamo incontrato e parlato con i sopravvissuti delle violenze in Myammar e ciò che abbiamo scoperto è sconcertante”, chiarisce il dottor Sidney Wong, direttore medico di Msf. “È davvero alto il numero di persone che ha riferito di aver perso un componente della famiglia a causa della violenza, a volte nei modi più atroci. Il picco di morti coincide con il lancio delle operazioni da parte delle forze di sicurezza del Myanmar nell’ultima settimana di agosto”.
[npleggi id=”https://www.nanopress.it/mondo/2017/01/05/chi-sono-i-rohingya-storia-di-una-comunita-perseguitata/157795/” testo=”Rohingya, storia di un popolo perseguitato”]
Secondo l’ong, il numero dei morti è probabilmente sottostimato visto che non è stato possibile fare indagini in tutti i campi profughi in Bangladesh e tra i Rohingya ancora presenti in Myanmar. “Abbiamo sentito parlare di intere famiglie morte nelle loro case a cui era stato dato fuoco”, spiega il dr Wong che ricorda come l’esodo dei profughi continua anche ora e che sono pochi gli organismi indipendenti che hanno accesso al distretto di Maungdaw, nello Stato di Rakhine. “Per questo temiamo per il destino dei Rohingya che sono ancora lì”, conclude il responsabile di Msf.
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