Doveva lavorare 4 ore al giorno e invece era sempre in servizio senza pause. Per oltre 6 anni ha subito vessazioni, umiliazioni e percosse per le quali è stato ricoverato due volte in ospedale. E’ la drammatica storia di un cameriere di origine bengalese, ridotto in schiavitù in una villa nelle vicinanze del parco dell’Appia Antica, a Roma. Ora la coppia di imprenditori è stata rinviata a giudizio dal giudice Andrea Fanelli con l’accusa di violenze domestiche e lesioni.
La vittima viveva in una depandance con 5 stanze, ogni mattina doveva alzarsi all’alba, gli staccavano la luce, l’acqua o il riscaldamento. Quelle rare volte in cui provava a chiedere un giorno di riposo veniva preso a bastonate. Sulla carta aveva un contratto da domestico a tempo indeterminato, nella realtà era trattato come uno schiavo.
Talvolta oltre alle percosse e alle umiliazioni, veniva fatto inseguire da tre cani. Non solo, era costretto a coltivare marjuana e se le piantine si ammalavano a subire era sempre lui. In due occasioni è finito in ospedale.
Nel 2016, dopo innumerevoli angherie, il domestico ha deciso di denunciare la situazione.
L’uomo ha raccontato agli investigatori: ‘Sono stato assunto nel 2009 per lavorare 4 ore al giorno, ma lavoravo tutto il giorno, tutti i giorni e ho sopportato ogni umiliazione finché ho potuto perché non volevo rinunciare a un tetto per me e mia moglie, ma anche a un contratto di lavoro. Tant’è che avevo taciuto quando sono stato morso dai cani, ma degli schiaffi in faccia non ne potevo più. Quando mi hanno bastonato mentre raccoglievo le olive, nell’autunno dello scorso anno, ho sporto denuncia e mi sono licenziato’.
Il domestico alla domanda perché l’imprenditore fosse così nervoso ha ipotizzato un legame con la marijuana: ‘Si preparava delle sigarette che puzzavano. Io mi dovevo occupare della coltivazione delle piante. La sera dovevo controllarle, innaffiarle e eliminare le foglie gialle. Se trovava qualche pianta malata mi picchiava’.
E in conseguenza di tali dichiarazioni il proprietario della villa è stato sottoposto anche a un altro procedimento penale. Ora il domestico maltrattato rivendica 50.000 euro, tra straordinari, permessi e ferie non godute.
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