[didascalia fornitore=”foto”]Pronto Soccorso dell’Aurelia Hospital, via Maps[/didascalia]
Si era recato al pronto soccorso dell’Aurelia Hospital con un fortissimo dolore, i medici non avevano avuto dubbi e la diagnosi per Giorgio Orsini era stata di dorsolombalgia causata con tutta probabilità da un’ernia del disco. Ma in verità quel forte mal di schiena non aveva origine da un problema vertebrale, bensì era generato da un aneurisma addominale. Dopo 48 ore dalla prima diagnosi il 54enne, padre di tre figli, che era stato dimesso giovedì con il consiglio di farsi vedere da uno specialista della colonna vertebrale, è stato successivamente ricoverato all’ospedale San Filippo Neri in condizioni disperate, e lì è morto lo scorso sabato.
L’episodio è molto simile a un altro avvenuto nel mese di marzo, quando una donna di 49 anni è morta per aneurisma in seguito a una diagnosi sbagliata di lombosciatalgia presso il pronto soccorso del policlinico Casilino.
Per il caso di Giorgio Orsini, morto per aneurisma dell’aorta addominale, la procura di Roma ha aperto una inchiesta per fare luce sulle eventuali responsabilità dei medici in servizio presso l’Aurelia Hospital, che hanno portato alla diagnosi sbagliata e quindi alla tragedia. Il reato ipotizzato nel fascicolo per la morte dell’uomo è omicidio colposo, ma al momento non risultano nomi inseriti nel registro degli indagati.
Si attendono comunque i risultati dell’autopsia disposte immediatamente, per avere ulteriori risposte. Quello che sembra certo è che se all’uomo, che faceva il macellaio in un supermercato, fossero stati prescritti immediatamente degli esami specifici per individuare il possibile aneurisma, avrebbe avuto delle chance di essere curato e quindi salvato.
Infatti quando Orsini si è recato all’Aurelia Hospital aveva raccontato ai medici i dolori che sentiva: forti fitte che coinvolgevano sia la schiena che l’addome e che gli impedivano i normali movimenti. I medici avevano disposto una lastra e dopo aver visionato il referto avevano diagnosticato una possibile ernia: la cura per lui è stata a base di morfina e cortisone.
Purtroppo l’uomo, rimandato a casa con il consiglio di farsi vedere da uno specialista della colonna vertebrale, è morto qualche giorno dopo nonostante un ulteriore ricovero all’ospedale San Filippo Neri. Le sue condizioni erano disperate e per lui non c’è stato più nulla da dare. E’ morto lasciando moglie e tre figli, ancora increduli ma devastati per la tragedia accaduta.