Roma: ha perso il lavoro e non è riuscito più a pagare l’affitto. La sua famiglia, in cui ci sono tre bambini piccoli, è sotto sfratto.
Una famiglia sotto sfratto a Roma. Questo è il triste epilogo per Ashraf, la moglie e i suoi tre bambini piccoli che, il 22 settembre, potrebbero non ritrovarsi più un tetto sulla testa, a causa dello sfratto loro imposto. L’uomo, da anni in Italia, lavorava in una pizzeria ma, nel corso della pandemia di Coronavirus, non è riuscito più a pagare l’affitto, in quanto ha perso il lavoro.
Roma, sfratto per famiglia con bambino: affitto non pagato per perdita di lavoro
La pandemia di Coronavirus ha portato una serie di problematiche sul piano lavorativo per molti cittadini che hanno affrontato la cassa integrazione o, ancora peggio, la perdita della propria occupazione.
È quello che è successo ad Ashraf, e alla sua famiglia che il 22 settembre si ritroveranno in strada, in quanto sfrattati per morosità. L’uomo – che vive in Italia da trent’anni – risiede in via del Grano all’Alessandrino e con sé vivono la moglie e i suoi tre bambini: due gemelli di tre anni e il più piccolo di un anno e mezzo.
Dopo aver perso il proprio lavoro in pizzeria, nei duri mesi dell’emergenza sanitaria, l’uomo non è riuscito più a coprire il costo dell’affitto, ammontante a 800 euro e, dopo varie diffide è arrivata la sentenza di sfratto definitiva per l’intera famiglia.
Per risolvere la situazione, seppur non in maniera definitiva, è stato proposto all’uomo e ai suoi congiunti di trasferirsi in una stanza della parrocchia del quartiere. La famiglia, però, ha rifiutato in quanto – dopo poco tempo – si ritroverebbe nuovamente nella stessa situazione di incertezza.
La protezione dell’ONU
Maria Vittoria Molinari di Asia USB ossia l’associazione inquilini e abitanti ha sottolineato che la famiglia, al momento, non ha soluzioni fattibili e, in assenza di alternative, versano in una condizione di elevata incertezza. Secondo la Molinari nessuno ha saputo aiutare Ashraf, né la sala operativa, né i servizi sociali.
La stanza nella parrocchia del quartiere è solamente una soluzione che va a tamponare, temporaneamente, il problema, poiché – come ha spiegato la sindacalista – si ritroverebbero di nuovo nella condizione di dover trovare subito un nuovo alloggio per non finire totalmente per strada.
La famiglia di Ashraf, secondo quanto comunicato, dovrebbe fruire della protezione dell’ONU: infatti, l’Alto Commissario per i diritti umani ha chiesto al nostro paese di fermare lo sfratto, ma il giudice si è opposto a tale richiesta.