Rosario Crocetta come nome da spendere per risolvere la crisi libica? Perché no. Almeno è questa la versione che in queste ore sta circolando in merito alla risposta che il governatore della Sicilia ha dato ad Antonio Caporale nel corso di una lunga intervista per Il Fatto Quotidiano. Si parte dai tantissimi problemi che affliggono la Regione, non ultimo la vicenda dei finanziamenti attesi a Palermo e non ancora arrivati con la legge di Stabilità. Il pilone della Palermo-Sciacca inclinato, Messina senz’acqua, il voto di castità e la diatriba sempre accesa con il premier (e segretario PD) Matteo Renzi: infine quella frase che ora campeggia sulle pagine dei giornali. “Conosco il Corano e parlo l’arabo: mandatemi in Libia”. È davvero quello che ha detto?
Crocetta può piacere o meno, ma che il suo nome attiri la stampa come il miele con le mosche è cosa ormai certa. Il caso di Lucia Borsellino e quel silenzio a una frase indegna del medico personale Matteo Tutino (“Va fatta fuori come suo padre”), ha portato il governatore siciliano alla gogna mediatica per giorni. Che le Procure non abbiano mai confermato quella frase (e quindi il silenzio) e che i giornalisti dell’Espresso siano stati accusati di diffamazione, non ha avuto la stessa risonanza mediatica. È la stampa, si sa, ma ogni tanto è bene andare all’origine delle cose.
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Vorrei dire qualcosa riguardo la mia intervista sul Fatto Quotidiano di oggi. Non ho detto "inviatemi in Libia" e, se si…
Posted by Rosario Crocetta on Mercoledì 2 dicembre 2015
Anche in questo caso, si tratta più di una sintesi giornalistica (se fatta con intenti polemici sta ai lettori dirlo) che di una vera e propria dichiarazione. Andiamo con ordine. Caporale intervista Crocetta su una lunga serie di argomenti che riguardano la Regione. Il tema chiave è il miliardo di euro che ancora aspetta da Palazzo Chigi, tanto che il titolo dell’articolo è “Rosario Crocetta: “Matteo ci deve un miliardo, ma io non faccio la questua”.
A metà intervista, si parla della crisi idrica a Messina. Il giornalista gli ricorda che in quei giorni era a Tunisi e Crocetta spiega il motivo di quel viaggio. “Conosco quel territorio, ho coltivato rapporti che spendo per il mio popolo, in suo nome”, dice. La risposta chiama subito la domanda. “Crocetta potrebbe essere il nome italiano da spendere nella crisi libica”; “Figurarsi se pensano a me. Devo dire che conosco l’islam, ho letto e studiato il Corano, parlo l’arabo. Insomma, qualcosa ne so”. Questa è la dichiarazione di Crocetta, dopo di che si passa ad altro.
La frase potrebbe anche sembrare ambigua. Il presidente siciliano probabilmente non si tirerebbe indietro se dovesse andare davvero in Libia, la sua conoscenza di quella terra potrebbe anche non bastare, ma da qui a leggere “Mandatemi in Libia che so l’arabo” sembra un po’ troppo.
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