Lo hanno chiamato ‘giudice ragazzino‘ perché fu assassinato a 38 anni. Era nato nel 1952, Rosario Livatino, e fu ucciso dalla mafia il 21 settembre del 1990 perché era riuscito a sferrare colpi profondi alla criminalità organizzata. Negli anni Ottanta, infatti, da giudice del tribunale di Agrigento, era riuscito a mettere in ginocchio la cosiddetta ‘stidda‘, l’organizzazione mafiosa presente in particolare nelle province meridionali della Sicilia, applicando i metodi investigativi di Giovanni Falcone. Il suo impegno contro la mafia dava fastidio, e per questo fu eliminato. Vogliamo dunque rendere omaggio a un protagonista dei nostri tempi, spesso ricordato troppo poco.
Una vita per la legalitàServì lo Stato con onestà e intransigenza, fu uomo mite, solidale e religioso, molto attaccato alla famiglia e alla chiesa, ma soprattutto fu un magistrato appassionato che non volle mai far parte di associazioni di qualsiasi genere, diventando così, dopo la sua morte, un vero simbolo di legalità e giustizia. Ecco come lo ricorda il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti: “Livatino è ricordato oggi come il ‘giudice ragazzino’ un termine che sollevò polemiche all’epoca, ma che oggi sembra assumere un significato diverso sottolineando la passione e la tempra di giovani servitori delle istituzioni, come è stato lui stesso nella sua breve vita“. Dal 29 settembre 1979 al 20 agosto 1989, come Sostituto Procuratore della Repubblica, si occupò delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche di quella che poi negli anni ’90 fu chiamata la “Tangentopoli siciliana“. Tra l’altro fu proprio Rosario Livatino, assieme ad altri colleghi, ad interrogare per primo un ministro dello Stato. Nel 2011 è partito il processo di beatificazione del giudice che dovrebbe arrivare alla santificazione.
L’assassinio di Rosario Livatino Rosario Livatino fu ucciso in un agguato mafioso sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta, la mattina del 21 settembre 1990. Si trovava senza scorta alla guida della sua Ford Fiesta amaranto, si stava recando in tribunale. Grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava sono stati condannati per la sua morte i componenti del commando omicida e i mandanti del delitto. Agli esecutori Paolo Amico, Domenico Pace, Gaetano Puzzangaro, Salvatore Calafato, Gianmarco Avarello ed ai mandanti Antonio Gallea e Salvatore Parla i giudici hanno dato l’ergastolo, mentre ai collaboratori di giustizia Croce Benvenuto e Giovanni Calafato la pena è stata ridotta a tredici anni.
Il ricordo di Livatino nei libri e nei filmOltre agli articoli su giornali e riviste nonché ai servizi radiotelevisivi, sulla figura di Livatino sono stati pubblicati diversi libri e sono stati prodotti film e documentari, come anche progetti musicali (il CD “Il mio piccolo Giudice” prodotto e arrangiato da Fausto Mesolella con le voci di Maria Luisa Corbo, Peppe Servillo, Salvatore Nocera e del professore Giuseppe Peritore; da un’idea, progetto e produzione esecutiva di Giuseppe Cartella, e la phonostoria “Qualcosa si è spezzato” su testi di Rosario Livatino). Tra i volumi ricordiamo quelli scritti da Ida Abate (“Il piccolo giudice, profilo di Rosario Livatino” – “Rosario Livatino, eloquenza della morte di un piccolo giudice” – “Il piccolo giudice, fede e Giustizia in Rosario Livatino“) e poi “Fiaba vera” di Angelo La Vecchia, “Rosario Livatino, Martire della giustizia” di Maria Di Lorenzo e “Non di pochi, ma di tanti: Riflessioni intorno alla Giustizia” di Rosario Angelo Livatino, che contiene le relazioni “Il ruolo del Giudice in una società che cambia” del 7 aprile 1984 e “Fede e diritto” del 30 aprile 1986 nonché una testimonianza profetica del giudice Paolo Borsellino del 1991. Nonostante il suo impegno sul campo, furono molto rari gli interventi pubblici del giudice, così come le immagini. Gli unici interventi fuori dalle aule giudiziarie, che possiamo quasi definire come una sorta di testamento, sono proprio rappresentati dalle due relazioni citate del 1984 e del 1986.
Per quanto riguarda pellicole e documentari, famoso è il film “Il giudice ragazzino” (regia di Alessandro Di Robilant) del 1993, che è stato liberamente tratto dal saggio omonimo di Nando Dalla Chiesa “Il giudice ragazzino” – Einaudi, Torino 1992, il cui autore sottolinea: “Leggendo le sentenze di Livatino si rimane colpiti dall’ampiezza del suo raggio di osservazione perché va dai dati più minuti della vita quotidiana di un indagato di mafia, fino al movimento di denaro“. Più recente è il film documentario “Luce verticale. Rosario Livatino. Il martirio” del regista Salvatore Presti; vincitore nell’ottobre 2007 del premio nella sezione “Ritratti” alla decima edizione del “Religion Today Film Festival”.
Un altro documentario, firmato da Alessandro Chiappetta, dal titolo ”Il ragazzo con la toga” con la regia di Leonardo Sicurello, vuole rendere omaggio a un protagonista della lotta alla mafia spesso poco ricordato, raccontando la sua vita familiare, la sua fede e le vicende legate al suo omicidio. Il racconto parte dalla testimonianza di tre giovani magistrati siciliani, assegnati al Tribunale di Enna nel novembre 2015. Stefania Leonte, Giovanni Romano e Francesco Lo Gerfo leggono dei brani scritti dallo stesso Livatino, tra cui un brano del discorso di Rosario Livatino del 1984 intitolato ‘Il ruolo del giudice in una società che cambia’, nel quale si legge: “L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità a iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia a ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione e il pericolo della interferenza“.
Lo ricorda anche un altro film documentario: ”Il Giudice di Canicattì. Rosario Livatino, il coraggio e la tenacia”, progetto indipendente e senza scopo di lucro ideato e diretto da Davide Lorenzano, con l’attore Giulio Scarpati come voce narrante. L’opera, nata dal basso, oltre che sulla voce di Scarpati, conta sulle musiche del pianista e compositore Bruno Bavota e sui contributi della sand artist Silvia Emme, che ha realizzato con la sabbia un ritratto del giudice, e di Angelo Sicilia, autore di uno spettacolo con i pupi. Il ritratto del magistrato è realizzato con immagini d’archivio dalle Teche Rai e con racconti, ricordi e aneddoti, tra gli altri, del presidente del Senato, Pietro Grasso, di don Luigi Ciotti e di Ida Abate, che di Livatino fu insegnante; di Stefano Dambruoso, questore della Camera, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia ed ex magistrato, e Salvatore Cardinale, presidente di Corte d’appello di Caltanissetta. Al film documentario di Davide Lorenzano è dedicata anche una pagina Facebook
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