Guerra Russia-Ucraina: cosa rischiano i manifestanti che rifiutano lo scontro bellico? Ecco le possibili conseguenze.
Da quando Putin ha deciso di invadere l’Ucraina a febbraio, in madrepatria sono scoppiate diverse proteste che hanno investito più di cinquanta città nel paese. I protestanti sono stati sottoposti ad arresti da parte degli agenti di polizia, come mostrato da diversi filmati diventati ddi dominio pubblico. Al momento, si contano più di 5.800 persone in stato di detenzione. Un numero destinato a salire di giorno in giorno.
Tante sono state e saranno le proteste dei civili russi contro il conflitto in Ucraina. Ad esprimere il proprio dissenso, non solo civili, ma anche giornalisti e scienziati che si sono esposti, in prima persona, per protestare contro l’invasione voluta da Putin ai danni dell’Ucraina.
Anche le élite russe e diversi esponenti del comparto militare hanno espresso il proprio diniego alla guerra. Posizioni che li hanno messi a rischio e che hanno evidenziato, nel contempo, quella che è stata definita la “politica criminale” del capo del Cremlino.
Testate indipendenti e vari giornalisti – nonostante i rischi che corrono – hanno deciso di fare ancora informazione, nonostante le multe salate imposte a chi non rispetta le regole imposte da Mosca, che ha imposto anche il divieto dell’uso della parola “guerra” per le testate giornalistiche e per i telegiornali.
Molti giornalisti dunque, come i semplici civili, sono stati ammanettati mentre erano in piazza a documentare le proteste.
Le proteste sono state organizzate in concomitanza con il settimo anniversario dell’assassinio di Boris Nemtsov, importante esponente dell’opposizione, al quale fu tolta la vita, nel 2015.
Anche Alexei Navalny ha sostenuto la propria posizione contraria alla guerra. L’uomo, come ricorderete, fu avvelenato con agenti nervini, che lo hanno quasi ucciso, per poi trascorrere dodici mesi in una colonia penale.
Ciò che è accaduto a Nemtsov e Navalny, dunque, fa capire chiaramente cosa rischiano i manifestanti e le figure di spicco dell’opposizione in Russia, qualora decidano di esprimere il proprio dissenso: arresti, pene detentive, multe salate e anche la vita, in alcuni casi.
Durante la campagna per la rielezione di Vladimir Putin, a cavallo tra il 2011 e il 2013, Navalny mobilità gli attivisti, al fine di ottenere elezioni giuste e la condanna dei brogli elettorali. In quell’occasione, la polizia minimizzò la presenza dei protestanti, che furono ufficialmente 35 mila, mentre gli organizzatori affermarono che, in realtà, il numero di presenze sul posto si attestava a 120 mila.
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