I ministri degli Esteri di Turchia, Siria e Iran si sono incontrati con la Russia a Mosca, per discutere di una possibile normalizzazione delle relazioni tra Turchia e Siria, segnando il contatto di più alto livello tra i due paesi dall’inizio della guerra civile siriana oltre dieci anni fa.
Nel suo discorso di apertura, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha espresso la speranza che l’incontro possa portare alla stesura di una road map per la normalizzazione delle relazioni tra Turchia e Siria, e ha sottolineato il ruolo della Russia nel consolidare i progressi compiuti e determinare le linee guida generali per ulteriori sviluppi. Le autorità di Mosca hanno cercato di aiutare il presidente siriano Bashar Assad a ricostruire i legami con la Turchia e altri paesi che si sono fratturati durante la guerra civile siriana, che ha causato la morte di quasi mezzo milione di persone e lo sfollamento di metà della popolazione siriana. Una guerra sostenuta da Putin che ha abbracciato la causa del presidente siriano e rimane una delle uniche nazioni che ha mantenuto, nonostante la guerra civile, rapporti diplomatici e di cooperazione con la Siria.
A partire dal settembre 2015, la Russia ha iniziato ad intervenire militarmente in Siria, in collaborazione con l’Iran, con lo scopo di assistere il governo di Assad nella riconquista del controllo del Paese. Nonostante gran parte delle sue forze siano impegnate nel conflitto in Ucraina, la Russia ha mantenuto una presenza militare in Siria.
Durante i dodici anni di conflitto, la Turchia ha sostenuto i gruppi armati dell’opposizione che miravano a rimuovere Assad dal potere.
Il governo siriano ha frequentemente criticato il controllo di Ankara su parti di un’enclave nord-occidentale che in passato era stata occupata dai gruppi oppositori di Assad. La Turchia ha conquistato questa zona attraverso diverse incursioni militari dal 2016, in conflitto con le forze curde sostenute dagli Stati Uniti.
Attualmente sono attuati sforzi per porgere a raggiungere una riconciliazione tra Turchia e Siria, tuttavia questo avviene mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta affrontando pressioni interne per rimandare i rifugiati siriani in Siria, a causa di una forte recessione economica e di un crescente sentimento anti-rifugiato.
Erdogan si candida nelle elezioni presidenziali che si terranno domenica 14 maggio in Turchia e questo è un momento molto delicato per la sua carriera politica.
Secondo i media statali siriani, il ministro degli Esteri Faisal Mekdad ha affermato durante un incontro mercoledì che Siria e Turchia hanno “obiettivi e interessi comuni” e che, nonostante gli aspetti negativi degli ultimi anni, il governo siriano vede i colloqui come un’opportunità per entrambi i governi di cooperare, con l’aiuto e il sostegno di Russia e Iran.
Mekdad, però, ha anche sottolineato che il “principale obiettivo” del governo siriano è quello di porre fine a tutte le presenze militari “illegali” nel Paese, compresa quella delle forze turche.
Si continuerà a richiedere e insistere sul tema del ritiro, come è stato detto e sottolineato dalle stesse autorità. Dopo il terremoto mortale avvenuto a febbraio, che ha causato la morte di decine di migliaia di persone in Siria e Turchia, sono iniziati a intensificarsi i tentativi di normalizzazione regionale con Damasco.
A partire da aprile, Mosca ha ospitato i ministri della difesa di Turchia, Siria e Iran per colloqui che hanno concentrato l’attenzione su “misure pratiche per rafforzare la sicurezza nella Repubblica araba siriana e normalizzare le relazioni siro-turche”.
In un altro sviluppo parallelo, la Lega Araba ha concordato domenica di riammettere la Siria, ponendo fine a una sospensione durata 12 anni, che era stata imposta in seguito alla brutale repressione di Assad sulle proteste inizialmente pacifiche a favore della democrazia nel 2011.
L’Arabia Saudita, che aveva sostenuto i gruppi di opposizione che cercavano di rimuovere Assad, ha annunciato martedì insieme alla Siria che avrebbero riaperto le rispettive missioni diplomatiche.
La Turchia controlla parti della Siria settentrionale e vuole che l’Iran sia coinvolto nell’intero processo di risoluzione del conflitto siriano. Le autorità iraniane hanno forze in Siria e sostengono le milizie locali. Negli ultimi mesi, l’Iran ha spostato le sue operazioni ad Aleppo, vicino al confine turco.
Israele si oppone alla presenza dell’Iran in Siria, mentre gli Stati Uniti operano nella Siria orientale per contrastare l’ISIS, ma la loro presenza è contestata da Iran, Turchia e Russia.
Re Salman dell’Arabia Saudita ha invitato il regime siriano a partecipare all’imminente incontro della Lega Araba a maggio. Questo segna una ripresa dei rapporti diplomatici tra Ryadh e Damasco dopo molti anni.
Gli incontri tra Turchia e Siria sono stati seguiti con attenzione, poiché se Ankara si avvicina a Damasco, dimostrerebbe ulteriormente la distanza tra la Turchia e i suoi partner della NATO.
Le relazioni diplomatiche internazionali hanno subito un cambiamento importante che ha visto i rapporti bilaterali tra Stati plasmarsi, anche a seguito del conflitto tra Russia e Ucrain,a che ha mostrato nuovi punti di vista e rafforzato le alleanze geopolitiche.
Si vede una netta spaccatura tra Oriente e Occidente che, nonostante debbano mantenere rapporti commerciali ed economici per poter apportare sviluppo alle proprie Nazioni, cercano allo stesso tempo di essere il più indipendenti possibile e si stringono agli alleati regionali sempre più.
La diplomazia globale si trova in un momento delicato, dove gli avvenimenti e le relative percezioni delle Nazioni innescano un meccanismo di diffidenza e ciò non aiuta a superare la crisi globale scaturita dalla guerra e dalle difficoltà superare in precedenza come ad esempio il gelo economico generato dalla pandemia da COVID-19.
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