A ribadire lo scenario sempre più catastrofico per la Russia di Putin è Alexandra Prokopenko, ex membro del consiglio di amministrazione della Banca Centrale Russa, ora rifugiatasi negli U.S.A.
L’ex consigliera traccia un quadro desolante per la Russia dei prossimi anni, ciò per via della guerra in Ucraina che sta prosciugando risorse e alienando da Mosca la fiducia internazionale.
Le spese militari della Russia
Non un collasso verticale e rapido, ma un lento e inesorabile declino attende l’economia della Federazione Russa secondo Alexandra Prokopenko, ex dirigente della Banca Centrale Russa.
Già prima della guerra circa il 10% del PIL russo era riservato al Ministero della Difesa, ma ora a causa del conflitto ucraino e del suo prolungarsi (con le conseguenze che ciò comporta, come la mobilitazione parziale di 300 mila riservisti russi) si sarebbe giunti ad impiegare nel comparto bellico il 40% del prodotto interno lordo nazionale.
Ciò significa che se Putin sta accumulando risorse sufficienti per continuare il suo progetto espansionista e neo-imperiale per il 2023, la macchina dello stato potrebbe ritrovarsi senza fondi con cui sostenere le istituzioni per gli anni a venire.
Oltretutto tali capitali potrebbero risultare inutili per l’isolamento internazionale del Cremlino: senza i rifornimenti esteri in tecnologie, Putin non avrebbe di cosa armare i suoi soldati, pur avendo la liquidità per farlo.
Tuttavia è sempre bene rammentare, continua Prokopenko, che la guerra non è stata scatenata per ragioni economiche, le quali interessano secondariamente Putin, e quindi non saranno queste motivazioni da sole a farla cessare.
Cosa può interrompere la guerra di Putin
Per rinsaldare quest’ultimo concetto, la Prokopenko propone un’analisi peculiare di quanto sta avvenendo nel Mar Baltico, dove il gasdotto Nord Stream (che collega direttamente Russia e Germania) ha subito danni molto gravi con perdite di idrocarburi nell’oceano. Tali disfunzioni potrebbero mettere fuori gioco l’infrastruttura per circa un anno, danneggiando economicamente più Mosca che Bruxelles.
Infatti l’ex banchiera centrale russa vede nel probabile sabotaggio messo in atto dalla stessa nomenklatura cremlinese uno stimolo per l’Europa a velocizzare la campagna di abbandono totale delle forniture energetiche russe, visto che queste stesse hanno di fatto smesso di affluire.
Se quindi non basta l’economia, è sul fronte delle relazioni internazionali che potrebbe sostanziarsi una cessazione delle ostilità o un loro forte ridimensionamento. La minaccia atomica aizzata da Putin ha irritato molto Cina ed India, gli unici due grandi Paesi se non alleati di Mosca, per ora perlomeno non a lei ostili.
Eppure la possibilità di essere bollati come sostenitori del leader che ha provocato una detonazione nucleare, unita ad una a quel punto palese incapacità di mostrarsi dotati di forme di deterrenza verso il Cremlino, potrebbero portare i due colossi asiatici a ritrattare il loro, seppur già pallido, sostegno a Putin.