La lista degli animali in via di estinzione si allunga ogni giorno di più: l’ultimo allarme riguarda le saighe, una rara specie di antilope un tempo diffusa in tutte le steppe euroasiatiche, e la cui popolazione oggi è confinata in poche aree dislocate tra Kazakistan, Russia e Mongolia. La scorsa primavera è accaduto qualcosa su cui la scienza si sta ancora interrogando: 211mila esemplari sono stati ritrovati morti, circa la metà dell’intera popolazione mondiale di questa specie, e le ragioni sono ancora incerte. Gli esperti non escludono che come per il leopardo delle nevi, un caso di cui si è ampiamente discusso in sede internazionale il mese scorso, la causa possa essere attribuita ai cambiamenti climatici in atto.
Da mesi gli esperti chiamati dai Paesi che ospitano questi animali si interrogano su quanto sia accaduto, che presenta un bilancio definitivo molto più grave di quanto stimato una prima ora, giacché si era calcolato un numero di saighe deceduto pari a 120mila esemplari, mentre invece sono quasi il doppio. Le analisi di campioni di terreno e acqua hanno escluso presenze di tossine e agenti inquinanti in numero così massiccio da arrecare un tale numero di decessi per via diretta: escluso dunque l’avvelenamento, una delle possibili cause della strage potrebbe essere un batterio chiamato pasteurella, presente nelle antilopi in uno stato dormiente, e in qualche modo ridestato da fattori ambientali e climatici.
A sostenere in particolare quest tesi è il professor Richard A. Kock del Royal Veterinary College di Londra, secondo cui il mutamento climatico, che ha portato all’aumento globale delle temperature nel pianeta, potrebbe aver indebolito le difese delle antilopi risvegliando il mefitico batterio, che si è trasformato in un agente patogeno letale, portando alla morte delle saighe in poche ore. Uno scenario allarmante, come spiega il professore intervistato dal New York Times: ‘Non è qualcosa a cui la specie può sopravvivere, se ci sono fattori ambientali scatenanti abbastanza diffusi, si può arrivare all’estinzione entro un anno‘. Che davvero non ci sia alcuna speranza per le saighe? La scienza attende di avere dati più certi prima di emettere una sentenza definitiva, ma le ipotesi in campo, oltre che ad essere tutt’altro che incoraggianti, paiono essere anche piuttosto plausibili.