Si sta discutendo della cifra, se intorno ai 7 o 6,5 euro l’ora, ma l’Italia avrà il salario minimo. I particolari saranno decisi in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs Act, la riforma del lavoro varata dal governo Renzi e farà parte di quelle cosiddette “politiche attive”, rivolte al collocamento: nel giro di qualche settimana dovrebbe approdare al tavolo del Consiglio dei Ministri, togliendo al nostro Paese il primato di essere uno dei pochissimi dell’Unione a non averlo ancora. Parlando di salario minimo, non bisogna cadere nell’errore di considerarlo alla stregua del reddito minimo di cittadinanza: nel primo caso infatti riguarda le persone che lavorano, nel secondo è esteso anche (e soprattutto) a chi un lavoro non ce l’ha.
L’Italia dunque si appresta ad avere una soglia minima sotto cui non è possibile pagare i lavoratori: al momento sono sette i Paesi, compreso il nostro, a non averlo. L’ultima è stata la Germania, che ha stabilito un tetto di 8,5 euro l’ora. Vediamo di cosa si tratta.
Salario minino vs reddito minimo
Come si diceva, il salario minimo riguarda le persone che già lavorano ed è la soglia sotto cui non è possibile pagare un lavoratore. Secondo quanto previsto dalla legge delega, sarà applicato ai quei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale: sarà inoltre applicato anche ai contratti di collaborazione fino al loro superamento.
In Italia dunque non si potrà guadagnare meno di 7 o 6,5 euro all’ora. La cifra esatta sarà stabilita nei prossimi giorni, ma non sarà superiore ai 7,5 euro netti l’ora, valore dei voucher, i buoni lavoro per prestazioni occasionali, stessa cifra prevista dal contratto dei lavoratori nei call center.
Sulla cifra del salario minimo non si dovrebbero pagare contributi Inps e Inail, ma nel caso si superassero gli 8mila euro di reddito annuo, soglia della cosiddetta “no tax area”, scatterebbe il pagamento delle imposte.
La differenza con il reddito minimo, proposto dal Movimento 5 Stelle, è chiara: il salario minimo si rivolge ai lavoratori, mentre il secondo è quella soglia minima che lo Stato dovrebbe garantire a chi un lavoro non ce l’ha.
I sindacati
L’introduzione del salario minimo rischia però di far scoppiare ancora la tensione tra esecutivo e sindacati. È stata infatti la contrattazione a stabilire finora il salario orario ed è per questo che i rappresentanti dei lavoratori lo vedono come un modo per metterli all’angolo. In genere, il Jobs Act non è visto di buon occhio in particolare dalla Cgil, tanto che meno di 24 ore fa, il segretario della Fiom Maurizio Landini ha proposto un referendum abrogativo contro l’intero pacchetto. Con l’attuazione del salario minimo, che andrebbe a indebolire il sindacato, si prospetta un nuovo terreno di scontro.
Gli altri Paesi
L’Italia è tra gli ultimi Paesi dell’Unione Europea a introdurre il salario minimo. Per fare un raffronto con le nazioni più importanti, la cifra in Spagna è fissata a 4,48 euro l’ora, nel Regno Unito a 7,50 euro (6,31 sterline), mentre la Germania l’ha portato a 8,50 e in Francia è 9,35 euro, cifra però considerata troppo alta dall’attuale governo.
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