Sono trascorsi poco più di 60 giorni da quel 12 agosto in cui vi è stata una brutale aggressione nei confronti di Salman Rushdie, noto scrittore indiano naturalizzato britannico candidato al Premio Nobel. Il suo agente ha dichiarato che Salman ha perso l’occhio e l’uso di una mano.
Non è la prima volta che lo scrittore si trova al centro di minacce e aggressioni: negli anni ’80 aveva già subito atti intimidatori da parte dell’Iran per aver scritto il suo libro “Versetti satanici”.
L’ultima aggressione a Salman Rushdie
Lo scorso 12 agosto durante il festival letterario della Chautauqua Institution presso lo Stato di New York, lo scrittore ha subito una violenta aggressione da parte di un estremista. L‘agente della vittima, Andrew Wylie, in una intervista rilasciata al noto quotidiano spagnolo, El País, aveva spiegato le condizioni di Rushdie:
“Aveva tre ferite gravi sul collo. Una mano è immobilizzata”.
Queste le parole di uno degli agenti più famosi del mondo, che nelle scorse ore ha fatto sapere che lo scrittore 75 enne a causa delle gravi ferite ha perso anche la vista da un occhio.
Il suo aggressore
Dopo più di due mesi da quel 12 agosto, l’agente dello scrittore diventato famoso per aver pubblicato negli anni ’80 il libro “versetti satanici”, in una intervista ha fatto sapere le reali condizioni di salute di Rushdie.
Per una maggiore tutela, però, non ha dichiarato se si trova ancora ricoverato in ospedale o meno. Non ha voluto rivelare il luogo dove si trova.
Riguardo all’uomo che ha cercato di ridurlo in fin di vita, pare che si tratti di Hadi Matar, 24 anni, il quale si è dichiarato innocente e che non sia stato lui a voler uccidere lo scrittore.
Da una prima costruzione pare che si tratti di un estremista che pare abbia agito da solo, senza l’aiuto o il sostegno di forze più potenti, definito dagli investigatori un “lupo solitario“.
“il principale pericolo da lui corso per molti anni dopo la fatwa era quello di una persona a caso che sbuca dal nulla e lo attacca: non ci si può proteggere da una cosa del genere”.
Questo quanto sostiene l’agente del Premio Nobel, vinto nel 1989 Rushdie, quando fece infuriare con il suo libro la guida suprema dell’Iran, Ayatollah Khomeini, il quale chiese a tutti i musulmani ad uccidere senza esitazione non solo Rushdie ma anche tutti i suoi editori.