Secondo le ricostruzioni, il pr Ciccio Barbuto stava tentando di sfuggire al sequestro organizzato dai signori della droga albanesi.
È l’ultima chiamata alla compagna Martina quella descritta da Repubblica, l’ultimo drammatico saluto del pr Francesco Vitale, soprannominato “Ciccio Barbuto”, prima di saltare dalla finestra al quinto piano di un palazzo alla Magliana. “Amore è finita, è finita. Salutami il piccolo”, questo il contenuto della conversazione. Poi, il salto nel vuoto. Gli inquirenti hanno ricostruito i fatti, e la morte del pr barese sarebbe solo il tragico epilogo di un sequestro legato a debiti di droga.
Il corpo è stato ritrovato senza documenti il 22 febbraio intorno alle 11 sotto un palazzo a Roma, in zona Magliana. Un zona in cui nessuno aveva visto Vitale prima d’ora, uno dei motivi per cui i carabinieri sono riusciti ad identificarlo solo con l’aiuto delle impronte digitali.
A dirigere le indagini sono i Pm antimafia Francesco Minisci e Francesco Cascini, che come riporta Repubblica sono certi di aver ricostruito i fatti che hanno portato alla morte del Pr barese.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori, Vitale avrebbe cercato di fuggire dalla finestra dopo essere stato sequestrato da un commando ingaggiato dal boss della droga albanese Elvis Demce.
Dietro il sequestro c’era una richiesta di riscatto pari a mezzo milione di euro, il debito legato alla droga che Ciccio Barbuto aveva con il narcos albanese. I sequestratori avevano chiesto il riscatto alla famiglia di Vitale, che nel frattempo avrebbe cercato di fuggire dalla finestra, cadendo nel tentativo.
Il pr 45enne era venuto a Roma da Bari il giorno prima del tragico accaduto, accompagnato dalla fidanzata per incontrarsi con i creditori. Una volta arrivato, è salito sull’auto guidata da Sergio Placidi, 48enne buttafuori, che l’ha portato in via Pescaglia 40, presso l’appartamento che si è trasformato in luogo del sequestro e poi scena del crimine.
Qui, Vitale è stato torturato e picchiato. Placidi non ha agito da solo, ma a trasportare con lui il pr barese verso l’appartamento c’erano altre 3 persone, tra cui Daniele Fabrizio, per gli amici “Saccottino”.
Sembrerebbe che la famiglia di Vitale avesse ricevuto un ultimatum: dovevano saldare il debito di droga entro la mattina del 22 febbraio, alle 8. Dopodiché, l’uomo avrebbe potuto chiamare per l’ultima volta la fidanzata Martina, mossa pensata forse per porre ancora più pressione su Vitale e la sua famiglia, in modo da ottenere i soldi.
E così, Ciccio Barbuto avrebbe chiesto alla sua compagna di salutare il figlio da parte sua, concludendo la chiamata con un “Ormai è finita”.
Secondo gli investigatori, Vitale sarebbe rimasto solo con uno dei sequestratori intorno alle 11 quella mattina, e avrebbe così pensato di sfruttare la situazione per provare a scappare. L’uomo sarebbe quindi tragicamente caduto dal quinto piano cercando di fuggire dalla finestra.
Gli inquirenti sono stati in grado di identificare sin da subito Sergio Placidi, uno degli autori del sequestro. Prima di giungere in zona Magliana, infatti, Placidi era stato fermato da alcuni poliziotti in zona San Basilio, in compagnia di Vitale. Questo però non l’aveva dissuaso dall’idea di portare avanti il sequestro, forse per la fretta di ottenere il denaro.
Dopo i fatti, Placidi ha cercato di nascondersi tra le case popolari a Laurentino 38, Latina e Pomezia. E dopo un inseguimento, è stato fermato sulla Pontina l’8 marzo.
Gli inquirenti hanno posto in stato di fermo anche il proprietario dell’appartamento dove ha avuto luogo il sequestro, mentre sono ancora in cerca dei restanti due complici. L’accusa a carico di Daniele Fabrizio e Sergio Placidi, nel frattempo, è di sequestro di persona a scopo di estorsione, con l’aggravante della morte della vittima.
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