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Salvarisparmio, Monte dei Paschi sarà salvata dallo Stato con il fondo da 20 miliardi

Il governo ha approvato il decreto salvarisparmio nella serata di giovedì 22 dicembre per salvare Monte dei Paschi dopo il fallimento dell’aumento di capitali da 5 miliardi da parte dei privati. Il Consiglio dei Ministri si è riunito d’urgenza per dare il via libera all’uso del fondo salvabanche da 20 miliardi approvato in Parlamento solo due giorni prima. “È una giornata importante, di svolta per la banca con l’obiettivo di rassicurare i suoi risparmiatori e il suo futuro”, ha dichiarato il premier Paolo Gentiloni, sottolineando che il decreto “si basa sull’autorizzazione ricevuta dal Parlamento con ampia maggioranza” e punta a “consolidare il nostro sistema bancario e finanziario”, confermando che il piano di salvataggio è stato “concordato con le autorità europee”. Il ministro Pier Carlo Padoan ha sottolineato come il decreto punti a tutelare al 100% i risparmiatori retail, salvaguardando i conti della banca con la copertura delle sofferenze evidenziate dagli stress test.

Trovati i soldi (a debito), lo Stato entra per la terza volta in campo per salvare Monte dei Paschi che, in serata, ha chiesto ufficialmente di poter usufruire del piano salvarisparmio.

Il decreto prevede l’utilizzo di parte del fondo da 20 miliardi di euro per la “ricapitalizzazione precauzionale“: in pratica lo Stato sarà il primo azionista della banca con una quota di maggioranza assoluta, potendo così controllare ogni operazione. Il primo passo sarà un nuovo piano industriale che dovrà sanare i conti della banca e metterli in sicurezza: solo allora si provvederà a vendere le quote sul mercato. Il piano è previsto dalle regole europee che danno un limite di tempo massimo per questa sorta di “nazionalizzazione” della banca di circa un anno o poco più.

Il primo punto del salvataggio di MPS prevede la tutela dei risparmiatori retail, cioè i 40mila piccoli risparmiatori a cui la banca ha venduto circa 2 dei 4,5 miliardi di euro in obbligazioni subordinate (le più rischiose e quindi più remunerative): la riconversione in bond dei privati non è stata sufficiente alla ricapitalizzazione ma il governo ha assicurato che non ci saranno perdite. Il decreto prevede infatti il rimborso totale per i piccoli risparmiatori e il 75% per le obbligazioni Tier 1 della clientela istituzionale.

Il piano salvarisparmio varato dal governo Gentiloni ha preso il via con il voto favorevole del Parlamento all’aumento di 20 miliardi del debito pubblico per salvare le banche di mercoledì 21 dicembre. Il primo sì è arrivato alla Camera: 389 i voti a favore tra cui anche quelli dei deputati di Forza Italia e Ala-Sc), 134 in no, 8 gli astenuti, mentre il Senato ha approvato con 221 sì, 60 no e 3 astenuti. Il passaggio era delicato ed era necessaria la maggioranza assoluta di entrambi i rami del Parlamento, come da legge varata nel 2012. Il ministro Pier Carlo Padoan ha spiegato, davanti a un’aula a Montecitorio quasi vuota, che si tratta di misure one off, da valutare caso per caso, che hanno l’obiettivo di tutelare i risparmiatori con “impatto nullo o minimo” rispetto ai “sacrifici” richiesti dalle normative europee.

Il voto del Parlamento segna il primo passo del piano salvabanche che non a caso l’esecutivo ha voluto chiamare “salvarisparmio”, a indicare l’azione diretta più a favore dei correntisti che delle stesse banche. Lo Stato ha messo sul piatto 20 miliardi di euro per far fronte alle necessità e “puntellare” un sistema bancario che il ministro ha definito “solido e sano nel complesso” anche se con “qualche criticità ben nota”.

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Si tratta di un debito aggiuntivo, ossia soldi messi in debito, che lo Stato mette a disposizione per intervenire in una situazione delicata, regolata da leggi europee che permettono di aumentare il debito solo per un breve periodo e per una tantum, perché il debito fa parte di una “strategia complessiva che tiene conto delle esigenze del paese, della necessità di tutela dei risparmiatori e del sistema”, come ha spiegato Padoan.

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L’aumento del debito è il primo tassello di un piano che il governo metterà a punto a breve per salvare le banche più in difficoltà, a iniziare da MontePaschi alle prese con il tentativo della riconversione dei bond subordinati per ovviare alla mancata proroga dell’aumento di capitale imposta dalla Bce. Oltre a Mps ci sono altre situazioni a rischio, a partire da Banca di Vicenza.

L’Aula della Camera vuota durante l’intervento del ministro Padoan

Da qui la soluzione del governo che si muove su un terreno molto accidentato per evitare di far passare come aiuti di Stato il piano salvarisparmio. Che lo Stato si debba attivare per salvare il sistema bancario e i risparmiatori è chiaro a tutta la politica. I favorevoli al provvedimento hanno dato il loro voto pieno al decreto: PD, NcD e le forze di maggioranza hanno trovato l’appoggio di Forza Italia e Ala-SC. Il voto degli azzurri è arrivato dopo la richiesta di una maggior collaborazione tra governo e Parlamento, seguendo le indicazioni di Silvio Berlusconi che l’aveva garantito già dopo il voto di fiducia.

Contrarie le opposizioni a partire da Lega e Movimento 5 Stelle che ha chiesto a Padoan di poter utilizzare quei soldi in altri investimenti ed è tornato sul progetto di nazionalizzare Mps. Il ministro ha chiarito, nella replica, che i 20 mld del salvarisparmio non possono essere usati per altro, pena l’infrazione di regole europee.

Come detto, l’obiettivo dichiarato dell’esecutivo è tutelare i risparmiatori, anche se il vero scopo è salvare le banche e mantenere così la credibilità del sistema nel suo complesso, evitando scenari disastrosi. Come però non è ancora chiaro: i 20 mld sono una sorta di paracadute e sono “una cifra sufficiente a dare un impatto segnaletico, ma non esagerata, perché indurrebbe a pensare che la situazione è più grave di quello che è”, ha chiarito Padoan. Nei prossimi giorni si attendono i decreti attuativi con cui si capirà se e come verrà usato il fondo salvabanche.

Lorena Cacace

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