Il parlamento di Roma è diventato territorio ostile per il presidente del Consiglio Mario Draghi, anche se la sua coalizione detiene nominalmente la maggioranza di circa quattro quinti dei seggi.
Giovedì Draghi ha parlato in entrambe le camere della situazione in Ucraina e, ha riferito del suo incontro con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, alla Casa Bianca, l’11 maggio.
Nel successivo dibattito al Senato, l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, capo della Lega, ha detto: “Se qualcuno in quest’Aula chiede più consegne di armi (all’Ucraina), allora sono contrario”.
Davide Crippa, leader del Movimento 5 stelle, ha anche affermato alla Camera che le consegne di armi sono “non adatte a creare pace”.
Infine, Silvio Berlusconi, fondatore e leader del partito Forza Italia, ha fatto sapere a Draghi, attraverso i media, che anche lui era contrario a ulteriori consegne di armi da Roma a Kiev, e anche alle sanzioni occidentali contro Mosca.
Ricordiamo che Lega, Cinque Stelle e Forza Italia fanno parte dell’ampia coalizione che Draghi guida da febbraio 2021. Nel votare all’inizio di marzo su un primo pacchetto di leggi per la consegna di armi, equipaggiamento e forniture di soccorso all’Ucraina, entrambe le camere hanno votato quasi all’unanimità a favore della proposta di Draghi.
Draghi ha fatto decidere al gabinetto i prossimi due pacchetti per l’Ucraina senza presentarli a deputati e senatori, ed è probabile che faccia lo stesso con il quarto pacchetto. E quindi ponga la fiducia.
Per motivi di sicurezza, il governo non sta rivelando esattamente ciò che l’Italia ha consegnato all’Ucraina e vuole ancora consegnare. E probabilmente anche per ragioni di convenienza politica.
Una maggiore conoscenza potrebbe provocare ancora più resistenza alla politica del governo ucraino – tra il popolo e tra i rappresentanti del popolo, anche e soprattutto tra i ranghi della maggioranza -.
In vista delle elezioni parlamentari tra dieci mesi, non sorprende che il sostegno al premier apartitico si stia erodendo nella sua eterogenea coalizione. Da destra Lega e Forza Italia, da centro sinistra i Cinque Stelle cercano di fermare la fuga degli elettori facendo appello ai loro istinti politici di base.
In Italia, una russofilia diffusa è più radicata che in quasi tutti gli altri paesi dell’UE. Una delle ragioni potrebbe essere l’influenza storica del forte Partito Comunista, che è stato fedele a Mosca per decenni. A ciò si aggiunge il diffuso antiamericanismo tra molti cittadii di sinistra e di destra, che porta al sentimento filo-russo.
Sondaggi recenti mostrano che il 46% degli italiani pensa che le vendite di armi all’Ucraina e all’Italia siano sbagliate, mentre il 41% le sostiene.
Giovedì in Parlamento Draghi ha ribadito che nessuno può imporre la pace all’Ucraina. Kiev può essere persuasa a sedersi al tavolo dei negoziati con Mosca solo da una posizione di propria forza. Ecco perché l’Ucraina deve continuare ad essere sostenuta e Putin deve essere indebolito.
Durante la sua visita a New York il 19 maggio, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha presentato un ambizioso piano di pace in Ucraina, per accompagnare i colloqui di Draghi a Washington. Di Maio ha consegnato il piano in quattro punti del Ministero degli Affari Esteri italiano al Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il primo punto è un cessate il fuoco immediato e un “congelamento” delle attuali linee del fronte, monitorate da potenze di mediazione ancora da definire, come la Turchia. In secondo luogo, la neutralità (militare) e l’adesione dell’Ucraina all’UE dovrebbero essere accettate da entrambe le parti.
Il terzo passo dovrebbero essere gli accordi bilaterali tra Kiev e Mosca sulle aree attualmente occupate dalla Russia, che devono ottenere l’autonomia pur mantenendo l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Il quarto passo sarebbe un accordo multilaterale tra UE, Ucraina e Russia su una nuova architettura di sicurezza per il continente. Lo stesso Draghi vuole dialogare con il presidente turco Erdogan ad Ankara per una possibile pace in Ucraina.
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