I due esponenti di punta del Carroccio non risparmiano le critiche sulla decisione europea di bloccare entro il 2035 la produzione e vendita di auto a combustione interna.
Due i nodi fondamentali sottolineati da Giorgetti e Salvini: le ricadute del provvedimento sui livelli di occupazione e la dipendenza dalla Cina per le batterie elettriche.
Il primo, all’interno del partito di via Bellerio, ad opporsi allo stop UE alle auto alimentate a benzina o diesel entro il 2035 è Matteo Salvini.
Per quest’ultimo non è calando obblighi dall’alto che si favorisce il percorso verso un’economia sostenibile: così si lasciano gli oneri dell’effettiva transizione totalmente sulle spalle dei privati, senza offrirgli alcuna garanzia di performance produttive e resa sul mercato.
L’insicurezza e basso rendimento dei gruppi automotive potrebbero generare un’ondata di licenziamenti che, coniugati col periodo di rincari e forte inflazione, determinerebbero seri problemi per le famiglie colpite e danni importanti per l’economia nazionale, già pesantemente scossa da pandemia prima e guerra ucraina dopo.
Ciò che spaventa di più il segretario milanese è la plausibile dipendenza che si concretizzerebbe verso la Cina. La nazione sedicente socialista è difatti uno dei più importanti fornitori mondiali di batterie per veicoli elettrici; mentre Italia ed Unione sono pressoché inesistenti in questo campo.
Chiara la volontà di non ripetere gli errori del passato che oggi emergono in tutta la loro evidenza. La scelta dell’elettrico è attualmente sospinta proprio dall’aggressione di Putin all’Ucraina: la spregiudicata inaffidabilità dello zar del Cremlino ha indotto l’UE a porre fine in tempi rapidi alla propria dipendenza dalle materie prime russe, gas e petrolio in primis.
La via ecologista, già imboccata ante guerra per motivi eterogenei, è attualmente uno degli asset su cui Bruxelles punta per raggiungere l’indipendenza energetica.
Eppure se questo è l’intento, l’obiettivo sembra destinato a fallire se per liberarsi di Putin la Commissione Europea si affida a Xi Jinping.
Come sottolinea l’ex Ministro dell’Interno nel 2018, la Cina è l’unico produttore in grado di corrispondere alla sete elettrica del Vecchio Continente, tuttavia in tal guisa si traslerebbe semplicemente da un dittatore ad un altro, mantenendo una UE dipendente (dai capricci estemporanei stavolta di Pechino anziché Mosca) e auto-indebolitasi economicamente ed in occupazione.
Anche Giancarlo Giorgetti, il numero due della Lega, ribadisce le parole del proprio capo partito.
Il sottosegretario del Carroccio definisce la direttiva UE sull’auto ideologica in quanto non tiene conto delle ricadute sull’occupazione e sulla capacità di resilienze delle famiglie in un periodo di forti rincari e molta incertezza.
Al posto di dettami burocratici, per l’odierno Ministro dello Sviluppo Economico è fondamentale proporre percorsi lenti ma ben organizzati, diversificati, che diano così modo di coniugare l’abbassamento dell’impatto inquinante europeo al mantenimento dei livelli interni di occupazione e produzione. Soprattutto un sentiero che non getti l’UE tra le spire del drago cinese, dopo essere sfuggita alle grinfie dell’orso russo.
Insomma una assonanza tra i due, segretario e suo vice, che stona con quanto accaduto negli ultimi mesi in casa leghista, con Giorgetti che ha spesso espresso dissenso per le uscite politico-mediatiche del proprio leader, facendo ipotizzare a molti osservatori una rottura nei rapporti tra i due.
Sulla questione dello stop alle auto sembrerebbe si corra invece all’unisono: viene da chiedersi, visto il tema, su quale tipo di veicolo.
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