Tra i primi politici a essersi interessati degli scontri tra i tifosi del Napoli e della Roma, avvenuti oggi nell’area di servizio a Badia al Pino, la stessa in cui nel 2007 venne ucciso Gabriele Sandri, supporter della Lazio, è stato Matteo Salvini. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché vicepremier del governo di Giorgia Meloni, ha chiesto su Twitter che ai tifosi violenti venga vietato per sempre di andare allo stadio.
Una legge, firmata dall’ex presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato, in realtà, già lo prevedeva, ma per problemi di costituzionalità, avanzati anche dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, che fa capo al ministero degli Interni, non è mai stata applicata. Non solo, perché lo stesso Salvini, quando era a capo del Viminale, ha firmato un’altra norma, il Decreto sicurezza 2, in cui è previsto che il Daspo, la misura che allontana effettivamente i violenti dagli impianti sportivi, duri al massimo per dieci anni. I tifosi, tra l’altro, potrebbero essere indagati per interruzione di pubblico servizio e attentato alla sicurezza dei trasporti.
Come sempre, Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ma ancora di più leader della Lega, si è fiondato sulla notizia del giorno cercando di fare un po’ di sana propaganda, mai fine a sé stessa.
Commentando, su Twitter, gli scontri che sono avvenuti oggi – a distanza di quasi nove anni dall’ultima volta in cui perse la vita Ciro Esposito, tifoso del Napoli – tra i supporter della squadra di Luciano Spalletti e quelli della Roma nella stazione di servizio di Badia al Pino, la stessa in cui venne ucciso nel novembre del 2017 un altro tifoso, stavolta della Lazio, Gabriele Sandri, lungo l’autostrada del Sole, il Capitano ha chiesto, tra le altre cose, che non entrino mai più allo stadio.
Peccato che, anche per via di una legge firmata da lui stesso, il Decreto sicurezza 2, questo non sia possibile. Il Daspo, che altro non è se non l’acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive, infatti, può durare al massimo per dieci anni e solo in caso di recidiva.
D’altronde, a vietare a vita di entrare a godersi una partita di calcio (e non solo) – anche se poi magari neanche lo fanno – era stata una legge, la 41 del 2007, il cui precedente decreto era stato firmato da Giuliano Amato, che di fatto non è mai applicata, anche perché ritenuta in parte incostituzionale.
All’articolo 9 che prevedeva, infatti, che le società non emettessero, vendessero o distribuissero “titoli di accesso a soggetti che siano stati destinatari” di Daspo, che con un’interpretazione letterale chiudeva le porte degli impianti sportivi a chiunque ne avesse subito uno, è stato cambiato il 22 agosto 2014, da un decreto legge del governo di Matteo Renzi, dopo l’intervento, tra il 2009 e il 2011, dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, che sta sotto il controllo del Viminale. Non più “siano stati”, ma “siano” oggetto di allontanamento temporaneo.
Nel merito della vicenda, intanto, il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, è in attesa del rapporto dettagliato da parte delle forze dell’ordine in modo da aprire quanto prima un fascicolo di indagine sugli scontri. Tra i reati che gli investigatori stanno ipotizzando ci sono quello di interruzione di pubblico servizio (la viabilità è stata bloccata per 50 minuti, creando una coda di 15 chilometri) e attentato alla sicurezza dei trasporti.
Non solo, perché, a quanto ha appreso l’Adnkronos, la polizia di Stato a Genova ha proceduto all’identificazione di 80 tifosi del Napoli, i quali con certezza erano presenti nell’area di servizio Badia al Pino sull’autostrada A1 questo pomeriggio al momento degli scontri con la tifoseria romanista. La loro posizione è al vaglio per accertarne eventuali responsabilità.
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