Letizia Moratti nella Twitter macelleria di Salvini. La falce e martello, il trattamento neofascista di umiliazione e assoggettamento ideologico al pari di un partito di massa vecchio stampo.
Su Twitter, l’account ufficiale della Lega – Salvini premier ha ripreso i vecchi vizi. Le sparate grosse, la retorica feroce anti immigrati, l’istigazione all’odio (meglio se razziale), la creazione di un nemico, o più nemici, ci sono da anni e appaiono ancora in salse più o meno nuove sulle app di tutti coloro che seguono l’evoluzione ex-neo-post-fascio-comunicativa del vecchio partito padano/indipendentista creato al suon di “terun” da Bossi, ed ereditato, a dovere, da Matteo Salvini.
L’intento del populismo verde di matrice “duri e puri” è sempre stato quello di battere su tasti che producono il suono più grave. Da cui si scatena l’indignazione di chi si trova sullo schermo dello smartphone un post più o meno feroce. Una foto e qualche carattere colpiscono come una freccia la psiche debole di un qualsiasi follower abbruttito, fiacco e incolto.
Siamo tutti San Sebastiano, come quel uomo del Perù ucciso da un genovese maestro d’ascia che per hobby si fabbrica l’arco per la caccia agli indiani. Ma siamo tutti anche un follower medio di Salvini? Espressione di “crocefissi e Papeete”, oppure di un’Italia indigente e sfiancata da decenni di berlusconismo, veline e soubrette onorevolizzate. Italia martoriata poi dai giorni dello sdoganamento (presunto) della povertà a firma giallo-verde, in cui sono fiorite le teorie più nefaste di stampo sino-globalista assieme a quelle bizzarre politiche “anti-sistema”, che hanno portato un controllo totalizzante a mezzo smartphone e green pass.
Un regalone del Rosellatum che ci ha lasciato in balia di un Parlamento inghirlandato di scie chimiche e no-vax. Per non parlare dei ‘reclusionisti’ sanitari della sinistra equilibrista proni all’idea sperante di assoggettamento e “educazione” a un’ideologia nostalgica, peraltro mai votata, né in programma elettorale.
Il Rosatellum è la stessa legge elettorale che porta all’esecutivo, non una ma tre falange armate della destra che di destra sana e repubblicana non hanno nulla, ma davvero nulla. Lo provano il parterre di vecchio stile presentato in Parlamento e le leggi (inutili) appena varate o in discussione. Lo prova il retaggio missino e neofascista.
Tre falangi della destra che saranno sempre in lotta fra di loro, pur partecipando al gran gala insieme per rubarsi la presidenza del Consiglio. Basti pensare alla linea editoriale che ha preso Mediaset nei confronti di Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni, non è affatto tenera. E basti pensare ai rapporti Salvini-Berlusconi di cui non vi è più traccia di comunicazioni. Giorgia Meloni è sola, timida a Bruxelles. I discorsi offerti alla stampa sono quelli di una ragazzetta adolescente e non quelli di un leader con decenni di politica sulle spalle. Qui verte il dibattito di queste ore: sui “marziani”, sui “confini”, sul “riciclaggio sì, riciclaggio no”. E sul: io (sottosegretario) non ero “nazista” ma ero a una festa. Ma di quello meglio non parlarne. La pressione monta dolorosa e si vede sul volto sempre più arrossato di Giorgia la premier.
Un contesto nocivo in cui fermenta un elettorato attivo che negli anni ha ceduto l’impugnatura imperitura del telecomando appiccicoso, allo sfioro facile del bottone “mi piace”. Click per massacrare il prossimo alimentando insoddisfazione e tristezza. Così il narcisismo solitario dei poveri elettori, nutrito del binomio divano-televisione, ha traslocato nella community di Twitter usando la condivisione del pensiero egocentrico come arma fertilizzante.
Un pensiero medio che nasce da decenni di deprivazione sensoriale totale, scarsa educazione e approccio relegato non alla cultura ma alle culture di massa, come il Grande Fratello, il calcio, e adesso tutti gli sport, Instagram, gli influencer, mai un libro, anzi sì quelli di ricette e barbecue. Un pensiero cresciuto in un substrato coltivato a funghi tossici che modificano la percezione di quel mondo democratico che si sorreggeva su una Costituzione stupenda. Ma anche al Capo dello Stato una legge anti-rave e liberticida è parsa tanto necessaria e urgente da doversi firmare.
Il discorso politico muta in un loop infinito, avallato da corruzione, mafie e altri personaggi immeritevoli della cariche istituzionali, che si innescano a minare la tolleranza dei cittadini per bene, seppellendoli e lasciando spazio a nuove generazioni sempre più ignare di politica e valori costituzionali.
Il risultato complessivo di questa procedura accalappia-orrori nella Casa delle Libertà è una community che funziona semplicemente perché interagisce e condivide tweet eclatanti con il patrocinio di algoritmi commerciali altrettanto feroci. Quello che conta nell’universo media-communication di Salvini & Co. non è la produzione del contenuto bensì la distribuzione. Più gira un tweet e meglio funziona la macchina salviniana ben rodata nell’odio.
Quindi il marchio d’infamia per Letizia Moratti. Fotografata malissimo, l’ex sindaca di Milano è stata sbattuta sulla pagina Twitter della Lega. Come quella volta di una zingara che fruga nel cassonetto. Come quella volta del “Votatemi e questa qui (una zingara, Ndr) sparisce”, pardon forse era la pagina di un leghista.
Non conta chi sei, non conta cosa hai fatto, perché chiunque è un potenziale generatore di odio online utile alla propaganda verde padania. Quello sulla Moratti è un post d’artificio nutrito a ferraglia arrugginita con la durezza di un’immagine pseudo bellica, che neanche Robert Capa avrebbe saputo scattare o modificare fino a restituire un ammucchio di pixel così doloroso.
Letizia Moratti, non importa quello che ha fatto per scatenare tanto odio in casa Salvini, è ritratta con stampato in fronte il marchio dell’infamia, la falce e il martello. L’orrore per una destra che usa ancora a suo pro i simboli comunisti, quando di comunisti non ve n’è traccia. E supponiamo l’orrore per una donna che, a scanso di equivoci, è di destra. Su Twitter è comparso un post di utilità per gridare allo scandalo di un presunto cambio di casacca dell’ex sindaca di Milano. A pari merito di pericolosità delle due ideologie rosso-nere, come la pensano in molti nella maggioranza, anche se noi non siamo dello stesso avviso, l’effetto finale è tale e quale a bollare l’ex sindaca con una svastica in fronte.
Tutto funziona per l’audience della pagina di Salvini & Co. che deve crescere, non importa in quale modo. Tutto funziona per quel consenso elettorale che si nutre di propaganda. E funziona meglio da quando Elon Musk ha deciso di fare il ducetto in casa Twitter, assumendone il ruolo di Ceo e di licenziatore matto. E, soprattutto, sdoganando di nuovo l’odio nel nome di una presunta libertà. Così, sono tornate “le zecche”, gli immigrati scusatemi tutti, sul social ornitologico. E così, con l’avvento del regime di Musk, in un social che era diventato “pulito”, una segnalazione per razzismo o discorsi d’odio non è più sufficiente per cancellare il marchio dell’infamia, né l’odio, né il razzismo, né gli anti-migranti.
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