Il leader della Lega Matteo Salvini prova a mettere a tacere le analisi che ravvedono una strana coincidenza tra la crisi di governo e la posizione pro-Russia delle forze politiche che l’hanno innescata.
Il governo di Mario Draghi è caduto in Senato a causa delle perturbazioni originate dal Movimento 5 Stelle e proseguite da Lega e Forza Italia, tutte forze che nel loro recente passato si sono mostrate accomodanti verso il regime di Putin ed hanno messo più volte in dubbio la collocazione euroatlantica dello Stivale.
“Fesserie”, così Salvini apostrofa le analisi di quanti collegano i partiti che hanno di fatto provocato la caduta del governo Draghi con le relazioni internazionali che quelle stesse forze portano avanti.
A ben vedere la deduzione non peccherebbe di prove a sostegno: l’M5S ha da sempre sostenuto un terzismo non solo in politica interna, bensì anche estera, da cui le aperture durante i due governi Conte a Cina (Memorandum sulle “Vie della seta”) e Russia (missione russa durante la prima ondata di Covid); la Lega, da quando è guidata da Salvini, ha più volte mostrato simpatie per le politiche e l’ideologia del leader del Cremlino (senza contare il caso Savoini ed i 49 milioni di Euro); Forza Italia si è dovuta caricare del rapporto di stretta amicizia tra il suo padre-padrone Berlusconi e il già citato Putin.
Nonostante queste ricorrenze ed evidenze, giungere a ritenere che la caduta del rappresentante di Stato più fermamente ed indefessamente saldo nell’opposizione alla Federazione Russa sia una manovra ordita dalla stessa Mosca, è pura fantascienza per il Capitano leghista.
Secondo questi invece unico e tutt’ora valido principio ispiratore delle mosse internazionali della Lega è stato il raggiungimento della pace il prima possibile, la quale, pur nel rispetto delle volontà atlantiche ed ucraine, non deve umiliare la Russia e minare i rapporti con Putin.
Salvini rivolge lo sguardo anche alla politica interna, che lo ha visto impegnato nella campagna elettorale e nella definizione dei meccanismi su cui si regoleranno i rapporti tra le formazioni riunite nel Centrodestra.
Nel vertice del 27 luglio a Montecitorio con gli alleati Berlusconi e Meloni si è giunti alla deliberazione del sistema di scelta del candidato premier di coalizione: si mantiene l’assetto finora invalso che prevede l’onere dell’indicazione alla formazione politica che otterrà più preferenze nelle votazioni.
Una linea che dovrebbe favorire Fratelli d’Italia di Meloni, ma che Salvini invece annuncia quale espressione di vera democrazia, non della vittoria di una volontà sulle altre.
Insomma un indirizzo condiviso ed unitario che, nel pieno spirito democratico, lascerà agli elettori la decisione su chi debba essere a rappresentare l’alleanza dallo scranno di Palazzo Chigi.
L’ex ministro dell’Interno del governo Conte I ribadisce quindi la sinergia della coalizione di Centrodestra denigrando contemporaneamente quella opposta di Centrosinistra, nella quale regnerebbero confusione e arrivismo elettorale.
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