Sono passati alcuni anni dall’omicidio di Saman Abbas e dopo essere arrivati a una svolta, continuano a emergere dettagli inquietanti.
Sappiamo chi sono le persone coinvolte in questa morte assurda, ovvero coloro che più dovevano proteggerla, i suoi familiari. Ieri per la prima volta il padre Shabbar si è collegato dal Pakistan in video, per partecipare al processo che è in corso a Reggio Emilia e che vede imputati anche la madre Nazia che è l’unica ancora ricercata, lo zio Danish e i cugini. Tutti hanno fatto la loro parte per metterla a tacere perché il suo carattere era giudicato ingestibile e troppo ribelle. Addirittura si era ribellata nuovamente a un matrimonio combinato e questo disonorava profondamente il clan Abbas, tanto da escogitare un piano per salvare la propria dignità. Una vicenda terribile che ha tenuto banco in questi anni di cronaca nera e che verrà ricordata come una delle più crudeli. Sono emersi nuovi dettagli che parlano dei momenti precedenti all’omicidio, quelli in cui Shabbar e Danish si accordavano sui passi da eseguire. Questi passaggi sono stati ripresi anche dalle telecamere di sorveglianza dell’azienda, le stesse che hanno immortalato gli ultimi istanti di vita della giovane pachistana.
Ieri per la prima volta Shabbar Abbas si è collegato in videoconferenza dal Pakistan per partecipare al processo in corso a Reggio Emilia, che lo vede imputato insieme ad altri membri della famiglia, per l’omicidio della figlia nel 2021.
Saman venne strangolata e poi nascosta in un sacco della spazzatura, che venne poi occultato in un casolare abbandonato nei pressi del luogo dove sorgeva l’azienda agricola degli Abbas. La famiglia mise appunto un crudele piano per togliere di mezzo quella ragazza, considerata scomoda per le sue idee di libertà che mal si conciliavano con la mentalità arcaica del nucleo familiare.
Le telecamere di sorveglianza ripresero chiaramente gli ultimi istanti di vita di Saman e nelle ore prima dell’efferato delitto, si vede Shabbar raggiungere lo zio Danish nella sua cascina, probabilmente per mettere a punto i dettagli del piano. Dopo di lui, a dirigersi nel casolare è anche il figlio minore, che si muove in bicicletta ed è molto agitato.
È stata la trasmissione di Quarto Grado a tornare su questo omicidio, in realtà si è sempre occupata dei dettagli della morte della 18enne, svelando sempre nuovi particolari. Poco prima della scomparsa, nella notte del 30 aprile di due anni fa, c’era grande movimento nell’azienda a Novellara. La proprietà è circondata da impianti di sorveglianza per motivi di sicurezza e proprio una telecamera posizionata su una casa rossa a 50 metri dalla casa di Shabbar, ha filmato l’uomo mentre si dirige da Danish, indicato dall’accusa come l’esecutore materiale del delitto.
È stato proprio lui dopo alcuni mesi di carcere a confessare il luogo dove si trovava il corpo, dopo alcuni depistaggi che invece avevano portato gli inquirenti a cercare altrove. Nonostante mesi di intense ricerche, questo è stato ciò che veramente ha portato al ritrovamento di Saman.
Il colloquio fra i due, secondo la Procura, è durato circa un’ora ed è servito per definire i dettagli del piano, scaturito dalla rabbia del capo famiglia perché la figlia si era nuovamente opposta a un matrimonio combinato, stavolta con il cugino molto più grande di lei. Le telecamere hanno ripreso anche il fratellino della ragazza che agitato rincorre il padre per cercare di fargli cambiare idea, in effetti lui è l’unico che non avrebbe nulla a che fare con il delitto.
Ieri dopo mesi di rinvii finalmente Shabbar, che si è recato in Pakistan subito dopo la morte, si è collegato dal tribunale di Islamabad con la Corte di Assise di Reggio Emilia dove è in corso il processo. Imputato insieme al resto della famiglia, compresa la madre Nazia che è l’unica ancora latitante, si è mostrato con i capelli corti e una mascherina che gli copriva parzialmente il volto.
A presiedere la corte è la giudice Cristina Beretti, la prima a commentare questo evento:
“è stato un percorso tortuoso ma finalmente ce l’abbiamo fatta”.
La prima domanda che è stata posta è se parlasse l’italiano e lui ha risposto “Poco”. C’è stato poi il rito del riconoscimento della sua identità davanti agli avvocati italiani dell’uomo, che hanno anche avuto un colloquio in privato con lui. Poi la Corte ha sancito la riunificazione della posizione di Shabbar, che temporaneamente era stata stralciata in attesa di questo momento.
Il pachistano ha assistito a tutta l’udienza, aiutato da un interprete per capire cosa stava accadendo. Non ha rilasciato dichiarazioni ma non si esclude che potrebbero arrivare nei prossimi appuntamenti del processo.
Ancora lascia l’amaro in bocca questa vicenda e ogni volta che se ne parla c’è quel senso di tristezza nel pensare che una ragazza di soli 18 anni sia stata brutalmente assassinata, addirittura con il consenso dei genitori.
Mentre zio e cugini sono in carcere e Shabbar è in Pakistan, la madre Nazia è latitante e secondo l’accusa sarebbe stata la mente che avrebbe architettato il piano. O meglio, la sua approvazione avrebbe dato il via libera al marito per mettere in atto quel piano orrendo.
L’Associazione Penelope si è costituita parte civile nel processo e si è accanita in particolar modo proprio sulla figura della madre dicendo che sarebbe stata lei a decretare la fine di Saman. Una donna crudele e senza scrupoli che è stata ripresa mentre scherzava con lei poco prima di accompagnarla dai carnefici.
Ha lasciato l’Italia insieme a Shabbar quando ancora non si sapeva che la 18enne era morta, risultava solamente scomparsa. Da quel momento non se ne hanno più tracce.
Nazia ha avuto un ruolo fondamentale in tutta questa macabra storia perché sarebbe stata proprio lei a convincere Saman a tornare a casa. La giovane infatti si trovava in un centro protetto dove era stata accolta dopo essere fuggita dalla famiglia per i continui maltrattamenti, che si erano acuiti dopo l’ennesimo rifiuto al matrimonio combinato. Qui aveva conosciuto un coetaneo con cui si era fidanzata e spesso postava i loro scatti suoi social. Era felice ma i familiari non erano d’accordo con le sue scelte, così hanno architettato una scusa per attirarla di nuovo a casa.
Saman aveva fatto da poco denuncia di smarrimento dei suoi documenti, mentre invece in un primo momento si pensava che fosse tornata a casa per recuperarli. Non aveva alcun motivo di tornare in quel posto, lo ha fatto solo per la madre ed è per questo ruolo centrale che l’avvocato Barbara Iannuccelli che assiste l’Associazione Penelope, chiede a gran voce che le ricerche della donna vengano intensificate.
Nonostante l’evidenza dei fatti e il ritrovamento del corpo, Shabbar ha continuato in questi mesi a dichiararsi innocente, affermando addirittura che la figlia è ancora viva e si trova in Belgio. I fatti però dimostrano il contrario e ha portare a una svolta decisiva è stato proprio quello che è considerato il killer vero e proprio, ovvero Danish.
In un video mostrato a Quarto Grado ha detto che avrebbe voluto fare la confessione molto prima ma aveva paura per lui e per sua moglie che è in Pakistan, per questo ha chiesto la protezione per la donna prima di dire dove si trovava il cadavere.
Dopo un anno dalla scomparsa ha indicato con precisione il luogo dell’occultamento e i Ris si sono recati subito sul posto verificando che aveva detto la verità. In un buco a terra, c’era il corpo a circa 3 metri di profondità, o meglio c’erano le ossa che poi sono state esaminate per confermare l’identità.
Ci sono ancora molti dettagli da chiarire, fra cui quello più importante, ovvero chi è stato veramente a uccidere la 18enne. Danish infatti ha detto di non essere stato lui ma di essere venuto a conoscenza del delitto quando è stato già compiuto, probabilmente da Nazia. Questo almeno è quello che pensa lui ed è il pensiero anche dell’Associazione Penelope che sta seguendo attentamente il caso.
Al momento c’è in corso uno scaricabarile fra i vari membri della famiglia e tutti noi speriamo che la giovane possa finalmente avere la sua giustizia.
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