Il Pakistan ha respinto la richiesta di liberazione su cauzione per il padre di Saman Abbas, accusato di aver ucciso la figlia appena 18enne. In Italia si attende l’estradizione dell’uomo.
Il giudice della capitale pakistana Islamabad ha respinto l’istanza di liberazione su cauzione avanzata dal legale di fiducia di Shabbar Abbas, il padre di Saman, che si trova recluso in carcere, in Pakistan, dallo scorso novembre. Il nostro paese da allora si sta battendo – al momento con scarso successo – per ottenere l’estradizione dell’uomo affinché possa essere giudicato in Italia.
Le accuse mosse dai carabinieri e dalla Procura di Reggio Emilia nei confronti di Shabbar Abbas sono di omicidio aggravato dalla premeditazione, relativo occultamento di cadavere nonché sequestro di persona della figlia Saman, morta a soli 18 anni, nella notte tra il 30 aprile ed il 1° maggio del 2021, a Novellara (RE).
Secondo la ricostruzione dell’accusa, oltre al padre, in quella che si è rivelata una vera e propria spedizione punitiva, sarebbero stati coinvolti altri quattro familiari della vittima: lo zio di Saman, Danish Hasnain, i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq e la madre della ragazza, Nazia Shaheen, l’unica ad oggi ancora irreperibile.
Alla base del movente vi sarebbe stato il rifiuto da parte di Saman di finire vittima di un matrimonio combinato ed il suo desiderio di vivere maggiormente “all’occidentale”.
Il procedimento di estradizione di Abbas affinché possa essere giudicato in Italia va avanti così come nel nostro paese prosegue il processo penale dinanzi alla Corte d’Assise di Reggio Emilia.
L’ultima udienza davanti alla predetta Corte si è tenuta lo scorso 17 marzo. Nel corso del processo, l’avvocato Simone Servillo, legale italiano dei genitori della ragazza, ha fatto sapere di avere ricevuto una e-mail dal collega che assiste il padre di Saman Abbas in Pakistan. Da questa emergerebbe con forza il desiderio dell’uomo di prendere parte al procedimento penale italiano.
In aula, a Reggio Emilia, erano presenti lo zio e i due cugini di Saman. Assente invece la madre che ancora ad oggi risulta latitante.
Pasqualino Lufrano, sino a poco tempo fa in servizio in qualità di Comandante presso la Stazione dei CC di Novellara, è stato il primo teste ad essere escusso. Fu il Lufrano, agli inizi del 2020, ad interessarsi in primis del “caso” Saman dopo che la ragazza gli aveva confidato del clima che si era creato in famiglia e del matrimonio combinato che la attendeva.
In occasione dell’udienza del 17 marzo è tornata a parlare anche Teresa Manente, avvocato di Differenza Donna, una delle associazioni contro la violenza sulle donne costituitasi parte civile nel processo, la quale ha dichiarato quanto segue: “Se si fosse agito in modo tempestivo, forse Saman sarebbe ancora viva”.
Un commento è giunto anche dall’avvocatessa Barbara Iannuccelli, che rappresenta, unitamente all’Avv. Claudio Falleti, il ragazzo di Saman, Saqib Ayub, anch’esso costituitosi parte civile: “I genitori del fidanzato ricevevano spari intorno alla casa in Pakistan ogni volta che Saqib rilasciava interviste. Per questo motivo chiediamo che i suoi genitori siano portati in Italia”. Ancora i legali del giovane fanno sapere che Saqib sporgerà una nuova denuncia per le recenti affermazioni rese dal padre di Saman relative ai “20mila euro che Saqib avrebbe percepito per far sparire Saman secondo Shabbar“.
Non resta che attendere l’evolversi delle dinamiche processuali, sia interne che internazionali.
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