Saman disse agli assistenti sociali di avere paura dopo la prima fuga da casa per il timore di essere sottoposta alle nozze forzate: “Mio padre è violento”. È quanto emerge dalla testimonianza di un’assistente sociale in udienza durante il processo per l’omicidio della 18enne a Reggio Emilia.
Imputati cinque parenti della 18enne uccisa a Novellara nel 2021, tra cui il padre e la madre, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (quest’ultima ancora latitante). La posizione dell’uomo, in carcere in Pakistan in attesa di decisione sulla richiesta di estradizione avanzata dall’Italia, sarebbe stata nuovamente separata.
Durante l’udienza odierna del processo per l’omicidio di Saman che si celebra a Reggio Emilia, una degli assistenti sociali entrati in contatto con la giovane prima della terribile fine della sua esistenza avrebbe fornito uno spaccato delle paure che la stessa avrebbe rivelato dopo la fuga da casa per il timore di essere sottoposta ad un matrimonio combinato.
L’assistente sociale avrebbe raccolto per prima la confidenza di Saman sulla volontà dei genitori di costringerla alle nozze con un cugino in Pakistan, compresa la sua sensazione di essere in pericolo.
Secondo la testimonianza, riportata dal Resto del Carlino, Saman avrebbe detto chiaramente che il padre era violento e che l’avrebbe maltrattata in diverse occasioni.
Condotte che sarebbero state subite anche dalla madre della ragazza all’interno della loro abitazione di Novellara in cui poi, per gli inquirenti, sarebbe maturato il piano del delitto.
“Ci disse che il padre era capace di tutto, era molto ricco e molto potente in Pakistan. Era capace di lasciarle fuori di casa al freddo e al caldo“, ha raccontato un’altra assistente sociale che avrebbe preso in carico Saman una volta maggiorenne.
In aula, nel corso dell’udienza del processo a carico dei parenti di Saman imputati della sua morte – genitori, uno zio, Danish Hasnain, e i due cugini della vittima, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq – gli assistenti social avrebbero confermato di aver percepito la paura sperimentata dalla giovane tra le mura della sua casa.
“Ci siamo allarmati – ha raccontato una di loro – quando a marzo 2021 abbiamo saputo che il fidanzato Saqib era stato minacciato dal padre di Saman e lo abbiamo riferito alle forze dell’ordine“.
Saman avrebbe inoltre riferito che, dopo la sua fuga in Belgio, il padre le avrebbe lanciato un coltello. Un episodio nel quale a restare ferito, nel tentativo di farle da scudo, sarebbe rimasto il fratello della ragazza.
All’interno della comunità protetta in cui Saman avrebbe trovato rifugio dopo il suo allontanamento volontario dalla famiglia, la giovane avrebbe acquistato un po’ di serenità vivendo all’occidentale e avrebbe rifiutato di recitare le preghiere musulmane.
La sua storia d’amore con il fidanzato Saqib sarebbe proseguita nella totale avversione dei familiari che, secondo la Procura di Reggio Emilia, avrebbero premeditato il piano dell’omicidio per punirla con la morte della sua strenua resistanza al matrimonio forzato in patria.
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