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Categories: Economia

Samsung non comprerà Blackberry: smentita o strategia?

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Blackberry sì o Blackberry no? Ieri era uscita voce di un possibile interessamento da parte di Samsung a rilevare la maggioranza delle azioni della società canadese. Si vociferava addirittura di 7.5 miliardi di dollari, ma sono arrivate subito le smentite di ambo le parti coinvolte, con relativo sussulto in borsa dei nordamericani. Perché i sudcoreani dovrebbero sborsare così tanto per una società che ha fatto francamente il proprio tempo e che ora galleggia in poca acqua? Soprattutto per i brevetti, per il know-how e per le tecnologie sviluppate, che spesso fanno molta più gola dei prodotti stessi. Quindi dopo il no di Samsung e Blackberry è tutto sburgiadato? È presto per dirlo, perché spesso accade che il diniego sia la prima mossa prima dell’accordo.


Blackberry Classic

Non è la prima volta che Blackberry diventa oggetto di speculazioni su una possibile acquisizione: in passato era stato il marchio Lenovo ad essere accostato alla azienda canadese, ma anche in quel caso non c’erano stati sviluppi significativi (pare anche per l’opposizione del Governo del Canada). Investire nelle tecnologie e nei brevetti Blackberry per farsi strada nel mercato enterprise non sarebbe una cattiva idea, per chiunque desideri ampliare il proprio parco clienti o lanciarsi nel difficile mercato mobile.

Intanto, lo scorso aprile 2014, dagli Stati Uniti d’America arrivava una voce che coinvolgeva la società canadese: dopo anni e anni di onorata carriera, in cui è arrivata a percentuali bulgare nel settore degli smartphone, sembrava che il colosso fosse prossimo ad alzare bandiera bianca uscendo a sorpresa dal settore mobile. Ormai drasticamente ridotto in potenza e in percentuali di vendita, Blackberry avrebbe completato dunque la discesa verso gli abissi e preparandosi per una netta variazione di rotta, con l’abbandono della terra madre in favore di nuovi mercati e nuove opportunità. Il CEO John Chen aveva parlato in un’intervista alla Reuters.

John Chen è il CEO di Blackberry e ha parlato del futuro dell’azienda in un’intervista concessa alla Reuters, quello che è venuto fuori ha davvero del clamoroso soprattutto se prendiamo la situazione di cinque anni fa. Allora i canadesi si chiamavano RIM ossia Research In Motion ed erano la prima forza in ambito smartphone, anzi “erano” gli smartphone perché permettevano di controllare la mail ovunque e comunque, di navigare e di poter fruire di funzionalità professionali avanzate. Peccato che poi siano arrivati gli iPhone e gli Android poi ancora i Windows Phone e, un po’ per volta, tutti i punti percentuali siano stati rosicchiati fino a oggi, quando si prospetta l’abbandono della nave ormai quasi completamente colata a picco.

La situazione dell’aprile 2014

Aprile 2014 – È notizia di qualche giorno fa l’abbandono della partnership con T-Mobile a partire dal 25 aprile: Blackberry si toglie da un’alleanza che le ha portato miliardi di dollari, ma che oggi non vale più niente perché quasi più nessuno compra gli smartphone dei canadesi. Basta vedere i numeri: si è passati dai 52.3 milioni di dispositivi del 2011 ai 2 milioni negli ultimi tre mesi e Chen ha spiegato: “Ne servono almeno 10 milioni per ottenere un profitto. Se non si riesce più a fare soldi con gli smartphone allora vorrà dire che non parteciperemo più al settore degli smartphone“. E dove, allora?

Probabilmente non si uscirà del tutto dal settore delle telecomunicazioni, ma invece che produrre hardware e software si produrranno servizi e forniture di tecnologie legate ad esempio al mondo finanziario così come quello della medicina. Senza dimenticare la domotica e uno dei trend più in ascesa qual è il “Machine-to-Machine” (“M2M”) per connettere tra loro dispositivi molto differenti come può essere un cellulare con un elettrodomestico fino all’automobile. Mutare per non estinguersi: è l’evoluzione della specie, ma non è detto che funzioni, anche se al momento Blackberry è ancora lo smartphone più amato dai politici.

Diego Barbera

Diego Barbera è stato un redattore interno di Nanopress fino al 2018. Si è occupato di tecnologia, sport, cronaca.

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