[didascalia fornitore=”ansa”]Ghulam Mustafa e Sana Cheema[/didascalia]
Sana Cheema è stata uccisa dal padre e dal fratello, non ha avuto un malore. L’uomo ha confessato di avere ucciso la figlia con l’aiuto di uno dei fratelli della vittima. Ghulam Mustafa, che ha la cittadinanza italiana, è agli arresti da settimane in Pakistan insieme al figlio Adnan Mustafa e al fratello Mazhar Iqbal (quest’ultimo non avrebbe materialmente preso parte all’omicidio) perché sospettato di essere responsabile dell’omicidio della figlia, che avrebbe rifiutato un matrimonio combinato.
Non ci sono più ombre nella ricostruzione dei fatti che hanno portato alla morte Sana Cheema, la 25enne di origini pakistane, cresciuta a Brescia, cittadina italiana da settembre, che ha perso la vita in Pakistan dopo essere arrivata nel paese natale per fare visita ad alcuni parenti. Gli amici e la comunità pakistana in Italia hanno da sempre sostenuto che la ragazza potesse essere stata uccisa perché aveva rifiutato il matrimonio combinato dalla famiglia, probabilmente perché amava un italiano. Una versione che i familiari hanno provato respingere con forza, sostenendo invece che la morte di Sana fosse dovuta solo a cause naturali. L’autopsia sul corpo della ragazza ha tolto ogni dubbio in merito. E’ stata strangolata, aveva l’osso del collo spezzato.
Sana, che a Brescia si stava integrando bene, aveva aperto un’agenzia di pratiche automobilistiche. Aveva deciso di fare un viaggio in Pakistan per vedere la famiglia, soprattutto per conoscere il figlio della sorella venuto alla luce di recente.
Appena l’eco della morte della ragazza è giunta in Italia, hanno cominciato a diffondersi voci su un presunto omicidio della ragazza a opera del padre Gulam Mustafà e del fratello, che volevano in qualche modo punire il fatto che la ragazza non voleva sposarsi con un uomo pakistano scelto dalla famiglia, ma rivendicava la sua libertà e voleva scegliersi lei il fidanzato. La famiglia, insomma, non avrebbe più tollerato il modo di vivere di Sana, giudicato ‘troppo occidentale’.
[didascalia fornitore=”ansa”]Una foto di Sana Cheema[/didascalia]
Amici hanno parlato di un rapporto conflittuale di Sana con il padre, definito un uomo integralista, e infatti lei rivendicava il diritto di non indossare il velo, che invece il genitore esigeva. Pare che i due litigassero spesso, per questo.
Sana non è stata sgozzata, così come si era dettp in principio, e non è morta d’infarto, come sosteneva la famiglia. La salma della 25enne naturalizzata bresciana ha ‘parlato’ dopo l’autopsia, nonostante fosse stata seppellita in fretta e senza autorizzazioni.
Insomma il delitto c’è stato, il padre ha confessato di averla strangolata il giorno prima del ritorno a Brescia di Sana. Gli amici pakistani di Sana in Italia avevano avuto dei sospetti fin dal primo istante. E’ quindi falso il certificato medico portato come prova che la giovane l’11 aprile scorso era stata ricoverata in ospedale dopo un malore che l’avrebbe colpita mentre stava camminando per strada.
“Sana era italiana. Si sentiva italiana. Voleva sposare un italiano e fare la sua vita qui. Con il padre non andava d’accordo. Lui non voleva che vestisse all’occidentale. L’anno scorso era anche finita al pronto soccorso perché si era picchiata con lui. Gli teneva testa. Gli rispondeva”, racconta alla Stampa Zeshan uno dei suoi amici pachistani. “Dicono che è morta di infarto, ma nessuno ci crede. In Pakistan non c’è giustizia”, dicono altri.
Le autorità pakistane hanno cominciando a rendere noti i lati ancora oscuri della morte della ragazza. “Sapremo la verità” aveva detto Raza Asif, segretario nazionale della comunità pakistana in Italia intervenuto a Brescia, durante una manifestazione indetta per chiedere verità sulla morte della giovane: “Il Governo del nostro Paese vuole approfondire la vicenda e capire la realtà dei fatti anche se non è mai stata fatta alcuna denuncia sulla morte di Sana”, ha proseguito, sottolineando che: “Il matrimonio combinato per la figlia poteva essere nei piani, ma anche su questo dobbiamo capire”.
Ora, l’uomo reo confesso dell’omicidio della figlia rischia l’ergastolo o la pena di morte. “Siamo sconvolti” afferma Jabran Fazal, presidente dell’associazione culturale Pak Brescia, sulle pagine de La Repubblica: “Chi ha ucciso deve pagare, chi ha sbagliato deve essere perseguito. Nessuno pensi che siamo conniventi, che approviamo questo orrore, la comunità pakistana del Bresciano è composta da dodicimila persone e non puo essere condannata per il comportamento sbagliato di una persona, di una famiglia. Presto organizzeremo una manifestazione di solidarietà e in ricordo di Sana”.
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