E’ una delle figure più popolari e venerate della tradizione cattolica Santa Rita da Cascia, la cui storia, segnata da un terribile dramma familiare, appassiona, da sempre, devoti e non. Quando si festeggia, infatti, il 22 maggio – giorno in cui si spense, a Cascia, nel 1457 – il piccolo borgo umbro diventa meta di migliaia di pellegrini, accolti per acclamare la mistica conosciuta, ormai da tutti, come la ‘santa dei casi impossibili’.
La storia di Santa Rita da Cascia è, in gran parte, priva di documentazioni precise: la sua vita, infatti, è stata ricostruita su fonti della tradizione orale, dagli abitanti di Roccaporena (frazione di Cascia dove nacque) al monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena (dove entrò dopo la morte del marito).
Nata in una famiglia cattolica nel 1381 – il padre, Antonio Lotti e la madre, Amata Ferri, erano due ‘pacieri di Cristo’, mediavano cioè nelle lotte familiari tra Guelfi e Ghibellini – le venne dato il nome di Margherita, abbreviato ben presto da tutti in Rita.
Stando alle fonti tradizionali, la storia di Santa Rita fu segnata, fin da subito, dall’intervento divino: secondo la leggenda, infatti, i genitori, impegnati nei campi, lasciarono la piccola di soli 5 giorni, in una culla sotto un albero. Qui, alcune api bianche cominciarono a ronzarle sul viso, senza pungerlo, ma depositandole del miele sulla bocca. Passò in quel momento un contadino che, feritosi con l’ascia, cercava aiuto per farsi medicare: vedendo la piccola circondata dalle api cercò di allontanarle con la mano ferita la quale, inspiegabilmente, guarì all’istante.
Il matrimonio con un uomo violento
Rita crebbe umile e ben educata e dimostrò, fin da ragazzina, grande interesse per la religione: avrebbe voluto prendere i voti ma i genitori, com’era usanza a quel tempo, la promisero in sposa (a soli 13 anni) ad un giovane ufficiale del luogo, un certo Paolo di Ferdinando Mancini. Uomo violento e dedito alle risse, Rita ne sopportò maltrattamenti ed umiliazioni ma, dopo la nascita dei due figli, e grazie al carattere dolce e mite della donna, l’uomo si acquietò, abbandonando le armi e riconciliandosi col mondo e con Dio.
Secondo la tradizione il loro matrimonio durò diciott’anni, fino a quando, durante una rissa, Paolo fu ucciso da due suoi ex compagni. E mentre i figli invocavano vendetta, Rita, che invece voleva il perdono, fece a Dio una drammatica richiesta: vederli morire piuttosto che macchiati di un orribile delitto. Di lì poco i due giovani (pare contemporaneamente) si ammalarono e morirono.
La vita di Rita fu segnata, così, da un altro terribile dramma che la spinse, inseguendo il suo sogno di ragazzina, ad entrare al Monastero Agostiniano Santa Maria Maddalena a Cascia. Ci provò per ben tre volte, ma venne rifiutata a causa della sua condizione vedovile (e perché, vuole la leggenda, una delle monache era parente del defunto Mancini). Riuscì finalmente ad entrare nel 1407, dove rimase fino alla morte, nel 1457.
(Interno della Basilica di Santa Rita a Cascia)
Santa Rita, storia della ‘santa dei casi impossibili’
Santa Rita morì all’età di 76 anni e la sua storia, soprattutto dopo l’entrata in monastero, fu segnata da una serie di prodigi. Sempre secondo la tradizione agiografica che conosciamo, il primo miracolo la riguarda personalmente ed accadde quando, senza successo, tentò di entrare in monastero. Grazie all’aiuto dei suoi santi protettori – Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino – vi entrò miracolosamente a porte chiuse, tanto che le consorelle la trovarono al mattino, mentre pregava inginocchiata nel coro.
La vita monastica di Santa Rita fu vissuta in piena partecipazione alle sofferenze di Cristo tanto che, la sera del venerdì santo del 1432 (o, secondo altre fonti, del 1442), mentre si trovava in preghiera, una spina del Crocifisso che aveva dinnanzi le colpì la fronte. La stigmate le segnò la vita per ben 15 anni, fino alla morte, accompagnandone per sempre l’iconografia che la vuole ritratta in preghiera e con la spina conficcata nella fronte.
I prodigi divini segnarono Santa Rita anche in punto di morte, quando chiese ad una sua parente di portarle una rosa insieme a due fichi. Era inverno e c’era molta neve e la donna, piuttosto scettica, si recò al vecchio orto della cugina dove trovò una rosa rossa e i fichi richiesti. Così come accadde quand’era in fasce, anche in punto di morte Santa Rita fu ‘accompagnata’ da uno sciame di api diventate, con le rose e con le spine, i simboli per eccellenza della mistica di Cascia.
Le spoglie mortali di Santa Rita
Santa Rita, che la storia ci descrive come la ‘santa delle rose’, ‘delle api’ e, considerati i tanti miracoli compiuti, ‘dei casi impossibili’, è stata beatificata da Papa Urbano VII nel 1627 e dichiarata santa da Leone XIII, durante il Giubileo del 1900.
I suoi resti, meta ogni anno di migliaia di pellegrini, sono conservati nella Basilica a lei dedicata a Cascia, in provincia di Perugia. Secondo alcuni rilievi medico-scientifici effettuati tra i primi anni Settanta e il 1997, le spoglie della mistica umbra presentano tracce di una lesione ossea aperta, all’altezza della zona frontale sinistra, le mani e i piedi risultano mummificati, mentre il resto del corpo (coperto dall’abito delle suore agostiniane) è, per ovvi motivi, in forma di scheletro.
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