Nel corso del processo d’appello per l’omicidio di Serena Mollicone, è stato ascoltato Marco Malnati, amico del brigadiere Tuzi. Per la prima volta, Malnati ha testimoniato in tribunale.
La testimonianza dell’amico di Santino Tuzi, morto suicida nel 2008, potrebbe dare una svolta al caso della 18enne scomparsa il 1° giugno del 2001 e ritrovata senza vita, due giorni dopo, nel bosco dell’Anitrella.
A 23 anni dall’omicidio di Serena Mollicone sono ancora tante le ombre e i misteri che tuttora aleggiano su uno dei casi di cronaca nera più seguiti degli ultimi anni. Questa mattina, nel corso dell’udienza del processo d’appello, è stato ascoltato Marco Malnati, amico di Santino Tuzi, il brigadiere che la mattina della scomparsa di Serena Mollicone era in servizio nella caserma di Arce.
Marco Malnati, che ha testimoniato per la prima volta in tribunale, ha rivelato: «Santino Tuzi mi disse di aver visto entrare Serena in caserma quella mattina e di non averla più vista uscire». Una testimonianza cruciale quella di Malnati, che potrebbe dare una svolta al caso.
Malnati ha riferito anche che la confidenza gli sarebbe stata fatta tra il 2007 e il 2008 mentre era in un bar che frequentava spesso insieme al brigadiere. Quando gli è stato chiesto come mai non avesse fatto questa rivelazione prima, il testimone ha riferito di non averlo fatto per paura. «Prima non avevo parlato per paura, ma adesso se mi devono ammazzare, lo facessero pure». Il brigadiere Santino Tuzi fu trovato morto l’11 aprile 2008, nella sua auto, con accanto la pistola di ordinanza.
Serena Mollicone scomparve la mattina del primo giugno del 2001. Il suo corpo fu ritrovato, due giorni dopo, in un bosco dell’Anitrella, nel comune di Monte San Biagio. La ragazza aveva mani e piedi legati e sul capo una busta di plastica. Secondo quanto riferito lo scorso dicembre dalla consulente della Procura, Cristina Cattaneo, l’agonia di Serena Mollicone è durata da una a dieci ore. Se fosse stata soccorsa, avrebbe potuto salvarsi.
Secondo la consulente, la ferita sullo zigomo era compatibile con il buco trovato nella porta della caserma dei carabinieri di Arce.
La mattina della scomparsa, dopo una visita medica, Serena era stata nella caserma di Arce dove avrebbe avuto una violenta discussione con Marco Mottola, figlio dell’allora comandante dei carabinieri. La ragazza sarebbe stata scaraventata contro la porta. A ucciderla non fu il colpo, bensì la mancanza di ossigeno. Il padre e la madre di Marco lo avrebbero poi aiutato a occultare il corpo di Serena.
Nel processo di primo grado, la famiglia Mottola è stata assolta da tutte le accuse.
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