Due sub si sono filmati mentre pescavano in un’area protetta in Sardegna. Il video pubblicato su Tik Tok, poi l’esposto in Procura.
Due ragazzi hanno filmato la loro pesca in un’area protetta in Sardegna ad Alghero, condividendo il video su Tik Tok. Dopo la pubblicazione sui social è scattata la denuncia in Procura di Sassari per i due sub.
Una bravata che potrebbe costare caro ai due sub che nelle scorse ore, con tanto di video, si sono recati in una zona protetta a pescare. Il fatto è accaduto a Capo Caccia, ad Alghero in Sardegna. I giovani infatti, si sono ripreso nell’atto di andare a pesca in una riserva dove la pesca è limitata.
Anche vantandosi con i follower durante il video, poi finito su Tik Tok, come si vede nelle riprese condivise anche da diverse pagine. I due apneisti hanno pescato una cernia a 20 metri di profondità, il tutto documentato tramite video.
“Abbiamo trovato un posto dove non c’è nessuno!”, racconta fiero uno dei due. Successivamente il ragazzo si è anche filmato nel tentativo di vendere la cernia da 9 kg ad Alghero. E a missione compiuta, come sottolineato dallo stesso tik toker, il ragazzo ha anche fatto sapere di averci guadagnato 140 euro.
Ma la zona di Capo Caccia – Isola Piana è stata istituita dal Ministero per l’Ambiente zona protetta dal 2002, per proteggere e preservare le coste del mediterraneo. Generalmente nelle zone marine protette la pesca a lenza e canne sportiva potrebbe essere in alcuni casi consentita, mentre è severamente vietata la pesca subacquea – limitata al riccio di mare in apnea.
Visto il video che ha documentato la pesca in zona protetta, il Grip ha segnalato alla procura della Repubblica di Sassari l’accaduto. E ancora al Corpo forestale della Sardegna, al comune di Alghero – dove sono avvenuti i fatti – e alla guardia costiera. Della questione è stato informato anche il grippo del parco naturale che gestisce l’area marina protetta.
Il portavoce dell’associazione ha inoltre parlato dell’importanza della salvaguardia delle coste della Sardegna. Stefano Deliperi ha alzato la voce contro i “beceri safari“, e che la Sardegna – è ora che la gente lo capisca – non è terra per cose di questo tipo.
Una piaga, quella dello sfruttamento delle aree protette, che durante i mesi caldi del turismo ogni costa deve affrontare. Spesso la noncuranza dei visitatori provoca danni alle zone di costa, alle spiagge e alle riserve italiane.
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