Mediterraneo! Lo specchio di mare che divide dalla libertà, dalla speranza, dal sogno, dal poter urlare “io sono vivo”. Dalle distese asiatiche o dai profondi sud della nera Africa, masse di fuggiaschi uomini, donne, vecchi e bambini, si mettono in cammino con la speranza di un futuro, di un lavoro, di una vita migliore o per sottrarsi alle guerre, alle angherie e alle sottomissioni. Le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, senza scrupoli e senza Patria, si fondano su un accordo generale a carattere continuativo, volto all’attuazione di un programma criminale destinato a permanere nel tempo anche dopo la perpetrazione di ciascun delitto programmato.
Il giudizio complessivo sul comportamento dei vari sodali deve necessariamente essere estremamente severo e ulteriormente gravato dalla considerazione che ad indurli alla commissione di reati non è solo la necessità di “sopravvivere” ma la ricerca ossessiva di denaro da richiedere ad altri sventurati.
Viaggi faticanti densi di pericoli e agguati. Le violenze e i soprusi sono all’ordine del giorno. Una marea umana in movimento, donne e uomini uccisi, abusati, picchiati, torturati. Aguzzini e trafficanti, uniti dal dio del profitto, incuranti delle necessità e delle aspettative altrui. La migrazione è come un bancomat a cielo aperto, da assaltare e svuotare.
Nel circondario dei territori libici prospicienti l’oasi di Zuara e nelle vicinanze degli insediamenti spagnoli di Melilla, ogni giorno, giungono frotte di migranti africani e asiatici, tutti desiderosi di raggiungere l’Europa, la Nuova Terra Promessa.
Le notizie provenienti da quei Territori parlano di presenze da esodo, centinaia di migliaia e migliaia di persone, in attesa di un imbarco o di un varco nelle maglie della frontiera iberica. E quando ai migranti appare la sospirata ultima meta desertica, prima dell’ultimo approdo, eccoli ancora rintanati, rinchiusi, ammucchiati, in fatiscenti e improbabili capannopoli, erette, si fa per dire, con materiali di scarto o di fortuna, ove spesso, vengono ulteriormente depredati, violentati, raggirati, sequestrati.
Ma non hanno altra scelta che quella di affidarsi a loschi personaggi che gravitano tutto intorno, trafficanti ignorati o addirittura affiancati da figuri corrotti delle istituzioni locali.
Criminali che fanno affari d’oro procurando ai fuggiaschi passaggi o imbarchi su carrette del mare governate non sempre da esperti marinai. Stipate all’inverosimile, sovente sono destinati al naufragio. Il mare poi, ogni tanto, restituisce quei corpi, facendoli ritrovare sulle spiagge.
E quando il tratto di mare è coperto e pongono piede a terra, nella sospirata Italia, eccoli nei centri di accoglienza ove ancora, specie quelli con parenti già inseriti in questo nostro paese o in quelli europei, sono oggetto di attenzione di altre bande. Avvicinati, insidiati, turlupinati, con la minaccia che sono solo in attesa di essere rimpatriati, vengono convinti a fuggire a frotte per poi essere ancora sequestrati nelle campagne circostanti, in attesa che un loro congiunto, raggiunto telefonicamente, paghi un riscatto a un loro complice.
E quindi, quando tutto il percorso sembra finito, in molti finiscono nelle mani dell’accoglienza per scoprire che a “mangiare” sulla loro pelle, non sono benefattori ma altri intrallazzatori e balordi in giacca e cravatta, in odore di mafia e politica.
Un altro modo di fare bancomat. Ma pur sempre criminale.
(tratto da “Kafila” in fase di scrittura)
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