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Scandalo Eternit, storia di una vergogna italiana dal processo alle vittime

L’ultimo capitolo dello scandalo Eternit parte da Torino, dove il gup al processo Eternit bis ha derubricato l’accusa a carico dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, imputato per la morte da amianto di 258 persone, da omicidio volontario a omicidio colposo. Il giudice per le indagini preliminari ha inoltre dichiarato prescritti circa un centinaio di casi, mentre per gli altri ne ha ordinato la trasmissione per competenza territoriale alle procure di Reggio Emilia, Vercelli e Napoli, lasciando a Torino solo due casi con il processo calendarizzato per il 14 giugno. “È un fallimento per l’amministrazione della giustizia” ha commentato Sergio Bonetto, uno dei legali di parte civile nel processo. Preoccupano infatti i tempi per i processi di cui si è disposta la trasmissione degli atti ad altre tre procure, visto che già il primo processo a carico di Schmidheiny si era concluso con la prescrizione. “Si allontana così il momento in cui per queste morti si potranno finalmente accertare cause e responsabilità”, ha ricordato il penalista.


Diversa la reazione dei legali della difesa. “È una grande vittoria. Siamo soddisfatti perché è crollata l’accusa di omicidio volontario, ora si procederà su basi più serene e potrà emergere la totale estraneità del mio assistito”, ha dichiarato uno dei legali difensori, Astolfo di Amato, mentre parla di “amarezza” il pm Gianfranco Colace. “Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza poi vedremo se ricorrere in appello”, commenta.

La storia del processo Eternit

Lo scandalo Eternit e il processo che ne è seguito rappresentano un’agghiacciante storia italiana, le cuivittime sono ancora senza giustizia. Il processo Eternit bis nasce dopo l’annullamento delle condanne per disastro ambientale, confermato dalla Corte di Cassazione, che ha annullato tutto per avvenuta prescrizione.

Eternit è un marchio registrato di fibrocemento, un materiale molto usato in edilizia e realizzato facendo uso di amianto, che, secondo ciò che è stato scoperto più tardi, ha effetti cancerogeni. Eternit è anche il nome dell’azienda produttrice di quello specifico tipo di fibrocemento. Dal 1906 l’azienda cominciò ad aprire anche in Italia diversi stabilimenti, prima a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, poi a Cavagnolo, in provincia di Torino, a Broni (Pavia) e a Bari. Nel 1933 Eternit diventò proprietà della famiglia di imprenditori svizzeri Schmidheiny. Negli anni ’50 cominciarono le prime morti e le malattie degli operai che lavoravano negli stabilimenti. I lavoratori iniziarono a chiedere maggiore tutela per la salute. Negli anni ’60 iniziarono ad ammalarsi e a morire anche persone che non erano direttamente occupate nella fabbrica. Il 22 dicembre del 2004 venne presentata a Torino la prima denuncia contro i proprietari dell’azienda.

Il primo processo Eternit cominciò il 6 aprile del 2009: ci furono 2889 richieste di risarcimento danni. Con una sentenza del 2012 i due proprietari della multinazionale dell’amianto vennero condannati a 16 anni per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Nel giugno del 2013 si concluse il processo di secondo grado e Stephan Schmidheiny venne condannato a 18 anni di carcere. Vennero anche stabiliti risarcimenti danni per circa 90 milioni di euro. La Corte di Cassazione ha annullato le due precedenti condanne sulla base della prescrizione, affermando che c’è il reato, ma che non è più perseguibile.

La vicenda Eternit si è conclusa, quindi, con una vera e propria beffa per le vittime, perché, nonostante si siano appurati la presenza del reato e i danni terribili per la salute pubblica, non si è ottenuta giustizia. Come hanno fatto notare i parenti delle vittime, la decisione della Cassazione comporta che non si potrà mai incriminare nessuno per le morti di amianto, perché le malattie si manifestano a distanza di molto tempo. Mentre il giudice ha rinviato gli atti alla Corte Costituzionale per chiarire se il processo debba essere interrotto definitivamente o debba proseguire, si è nell’attesa che il Parlamento definisca i termini del reato di disastro ambientale, che da anni continua ad essere in discussione, ma non ha portato a riferimenti concreti. Raffaele Guariniello, che ha condotto l’inchiesta, ha dichiarato che dalla Cassazione non c’è stata assoluzione, ma prescrizione, e ha richiesto l’apertura di un secondo processo per omicidio, ora derubricato da volontario a colposo.

Gianluca Rini

Gianluca Rini è stato collaboratore di Nanopress, Tanta Salute e Pourfemme dal 2014 al 2017, occupandosi principalmente di tematiche relative alla salute, l'ambiente, il benessere.

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