Lo scandalo sugli ormoni della crescita ogni tanto fa capolino dalle pagine dei social network e dei siti. La prima volta che l’inchiesta arriva all’attenzione della stampa è nell’ottobre 2012: si tratta di un presunto sistema di corruzione a cui informatori della Sandoz, di proprietà della Novartis, sarebbero ricorsi per spingere la prescrizione dell’Ormitrope. Le indagini dei Nas di Bologna, a capo del comandante Sabato Simonetti, coordinate dalle Procure di Bologna e Busto Arsizio (VA), hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 80 persone, compresi 67 medici tra cui pediatri di strutture pubbliche e private in tutta Italia. Il procedimento è ancora in corso e segna in questi giorni alcuni passi avanti.
Il 29 ottobre 2014 il Gip di Busto Arsizio ha archiviato le posizioni di due medici di Ferrara, su richiesta nella stessa Procura che ha ottenuto invece il rinvio a giudizio per 41 persone, con udienza preliminare prevista il prossimo febbraio.
Due anni fa lo scandalo degli ormoni ha riempito le pagine dei quotidiani per poi affievolirsi con il passare del tempo. Anche le più recenti inchieste giornalistiche risalgono allo scorso anno: in Italia sono state Le Iene a occuparsene, mentre fuori dai confini nazionali è stata la RSI, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. Per capire di cosa si sta parlando, ripercorriamo le varie tappe della vicenda.
Lo scoppio dello scandalo
A ottobre 2012 sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali viene riportata la notizia dello scandalo degli ormoni. I Nas di Bologna, nel corso di un’indagine sul doping sportivo, scoprono un presunto sistema di corruzione messo in piedi dalla Sandoz per spingere la vendita di due farmaci: si tratta dell’Omnitrope, ormone della crescita con il principio attivo della Somatropina, e il Binocrit, farmaco che fa aumentare la produzione di globuli rossi, entrambi utilizzati anche come anabolizzanti e considerati sostanze dopanti.
Medici pubblici e privati di 40 ospedali in 18 Regioni avrebbe percepito soldi e regali per prescrivere i farmaci ai bambini, con dosaggi che potevano arrivare in qualche caso al doppio del normale. “Dosi da cavallo”, come sarebbe emerso dalle intercettazioni, date a bambini in cura con gli ormoni della crescita o a nuovi pazienti.
Dalle carte è emerso una sorta di “tariffario”, con cifre di tutto rispetto, da 5mila euro fino a 30mila euro a medico. Soldi ma non solo. Tra i benefit si contano vestiti di marca, viaggi di lusso, iPad e altro per un totale di 500mila euro.
Nel 2008-2009, per esempio, a due pediatri del Policlinico Gemelli di Roma viene dato “quale corrispettivo per l’inserimento in terapia con Omnitrope di alcuni pazienti un importo rispettivamente di 10.000 e 8.000 annui, formalmente erogato quale compenso per consulenze e lezioni impartite agli Informatori Scientifici di Sandoz in realtà mai prestate”, come si legge nell’inchiesta.
Il denaro sarebbe stato dato sotto diverse forme, come il pagamento per falsi studi clinici o lezioni di aggiornamento mai tenute. Spuntano viaggi in hotel di lusso nel Principato di Monaco con consorte a seguito, conferenze a New York e si arriva a jeans e felpe di marca. Lo stesso nome dell’indagine, Do ut des, chiarisce il metodo: a più prescrizioni sarebbero corrisposti più soldi e regali.
La Sandoz sapeva?
Uno dei punti dell’inchiesta riguarda il coinvolgimento della Sandoz, proprietà della multinazionale del farmaco Novartis. Nell’ottobre 2012 spuntano sul sito piemonte.indymedia.org (oggi oscurato per ordine del Tribunale, in merito però a un’altra indagine) documenti dell’azienda con cui vengono licenziate in tronco 12 persone tra informatori scientifici e dirigenti.
Nel memorandum, datato 7 febbraio 2012, si leggono chiaramente le cifre pagate a ogni medico e i conseguenti provvedimenti disciplinari: la Sandoz avrebbe saputo quello che accadeva e avrebbe così agito al suo interno arrivando a licenziare i suoi collaboratori. Il documento cita alcuni passaggi dell’inchiesta incrociati con i dati amministrativi e contabili aziendali.
Le perquisizioni effettuate dai Nas hanno portato alla luce delle lettere, datate 2012, in cui il colosso farmaceutico contestava “la condotta illecita”: le missive sarebbero state scritte dopo che le perquisizioni avevano “allertato” i vertici societari sull’inchiesta in corso. La Sandoz ha poi emesso note ufficiali in cui ha sottolineato di “avere collaborato appieno con le autorità nel corso dell’inchiesta e di avere intrapreso severe azioni disciplinari nei confronti dei dipendenti coinvolti”. Dal quadro delle indagini emergerebbe una consapevolezza dell’azienda farmaceutica che sapeva cosa era accaduto tra il 2008 e il 2009, prendendo provvedimenti nel 2012.
Quello che non torna, nelle parole degli ex informatori scientifici licenziati, è che la Sandoz sapeva tutto fin dall’inizio.
“C’erano notevoli pressioni. Eravamo gli ultimi arrivati in un mercato che in Italia appartiene al 97% ad altre aziende e la vendita veniva spinta”, ha raccontato un’informatrice Sandoz lo scorso anno a Mario Casella e Marco Tagliabue di RSI. “Non è l’informatore che ha modo di gestire economicamente una multinazionale. Le consulenze ai medici, i contributi ai reparti, tutto viene valutato nel dettaglio da un comitato interno, l’SP3, a cui partecipano i vertici e il legale dell’azienda che poi avvalla tutto”, ha ricordato, sottolineando come il collegamento tra la sede italiana e quella europea è sempre stato costante.
Alla fine del 2009 nel pieno dello scandalo, ricorda il servizio, Novartis certifica un utile netto di 8,5 miliardi di dollari con una crescita annua del 4%: la divisione dei farmaci biosimilari di Sandoz, in cui l’Omnitrope fa la parte del leone, è cresciuta del 64%. Daniel Vasella, allora a capo del gruppo, sottolineava come proprio quei farmaci fossero la motivazione del rafforzamento di Sandoz nel settore.
Le conseguenze
L’eco dello scandalo fu enorme. Il rapporto tra informatori scientifici, aziende farmaceutiche e medici era stato fortemente compromesso e l’integrità della categoria messa a rischio. Senza i farmaci non si hanno cure, ma il medico, soggetto al giuramento di Ippocrate, deve operare la sua scelta “nel pieno della libertà”, avendo come unico fine il benessere del paziente. La vicenda tocca poi i soggetti più deboli, i bambini malati, affetti da malattie della crescita come la Sindrome di Turner. L’azione dell’ormone GH, questa la sigla usata nel mondo scientifico, aiuta i piccoli nello sviluppo: ogni sera, fin dalla più tenera età, devono farsi l’iniezione, prima aiutati dai genitori poi da soli.
L’ormone della crescita è stato prodotto a metà degli anni Ottanta e commercializzato nei primi anni Duemila, ma ancora oggi sono in corso studi sugli effetti a lungo termine. “Non bisogna nascondere che ci sono dei rischi per la salute”, ha spiegato alla tv svizzera Primus Mullis, endocrinologo primario dell’Inselspital di Berna, una delle massime autorità a livello internazionale sull’ormone della crescita. “Bisogna controllare la pressione del cervello e regolare di conseguenza la dose giusta, ci possono essere problemi alle anche ed è nostro compito saperlo. Agli endocrinologi pediatrici serve sapere anche gli effetti che il farmaco avrà su questi bambini da adulti”.
In Italia la somministrazione dell’ormone della crescita è strettamente regolato dalla Nota AIFA 39 che fissa i parametri clinico-auxologici e di laboratorio a cui ogni medico si deve attenere (aggiornata a ottobre 2014).
I controlli sono molti rigidi, come ricordò all’epoca dello scandalo l’Afadoc, l’associazione che riunisce le famiglie dei bambini malati. “Molte Regioni hanno attivato la Commissione Regionale per l’uso dell’Ormone della Crescita nei pazienti con condizioni cliniche particolari, che ne richiedano l’uso sotto controllo delle commissioni stesse“.
Inoltre, ricorda ancora l’Afadoc, l’Istituto Superiore di Sanità ha creato il Rnoc, il Registro Nazionale Assuntori Ormone Crescita (https://www.iss.it/rnoc/) e ha istituito una “Commissione Nazionale per controllare l’aderenza ai requisiti per il trattamento dei medici che esercitano in Regioni che non hanno attivato la Commissione”. I medici devono dare i parametri di riferimento ai genitori che possono controllarli anche online, accertandosi che la dose sia giusta.
Dallo scoppio dello scandalo, le famiglie dei piccoli malati si sono riunite periodicamente, monitorando così la situazione: il fatto che già due medici siano stati assolti da ogni tipo di accusa senza neanche arrivare a processo è un buon segnale, ma la vicenda rimane molto grave. Le famiglie devono sapere in che mani affidano il loro bene più preziosi, i figli: non ci sono soldi o viaggi che possono valere la salute dei bambini.
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