Una truffa da 59 milioni di euro per rimborsi elettorali che vede coinvolti la vecchia Lega Nord di Umberto Bossi e Francesco Belsito e quella nuova “delle scope” di Roberto Maroni prima e Matteo Salvini poi. È quanto emerge dalle carte depositate da Camera e Senato al processo, aperto a Genova, nei confronti dell’ex Senatùr e dell’ex tesoriere del Carroccio. Non 40 milioni, come avevano calcolato i magistrati, ma 59 milioni, di cui 13 milioni e 850mila euro incassati anche dall’attuale presidente della Lombardia e dall’attuale segretario nazionale. Sono carte inedite, come ricorda Repubblica, arrivate direttamente dal Parlamento e che potrebbero mettere nei guai l’attuale dirigenza leghista, a iniziare da Salvini.
Il processo vede sul banco degli imputati Bossi e Belsito. Secondo le accuse, avrebbero ricevuto soldi come rimborsi elettorali sulla base di dati falsati dalla segreteria. Camera e Senato hanno conteggiato un totale di 59 milioni di euro con un distinguo ben preciso: 13 milioni sono stati incassati dopo il 2012, con Maroni segretario, e altri 850mila da Salvini che, per altro, si è costituito parte civile.
È qui che la difesa di Bossi ha giocato il suo asso nella manica. Perché Maroni e Salvini hanno incassato quei soldi se sapevano che provenivano da una truffa e, soprattutto, li hanno spesi? L’attuale segretario ha usato quei soldi per mettere a posto i conti del Carroccio che era sull’orlo del disastro?
Se così fosse, i giudici potrebbero ravvisare per il numero uno della Lega il reato di concorso nella truffa e, nel caso li avesse spesi, di ricettazione. Almeno è quanto sostengono Bossi e il suo legale, l’avvocato Matteo Brigandì, in una lettera recapitata a ottobre 2014 a Salvini che ora fa parte delle carte processuali. In sintesi, il Senatùr chiede la restituzione dei 40 milioni di euro (che però sarebbero 59) a fronte di un bilancio che allora era in attivo di 41 milioni di euro. Salvini, scrive il legale, non avrà certo usato quei soldi che sapeva essere “corpo di reato”, dopo essersi costituito parte civile, e per questo li richiede indietro, tra l’altro diffidandolo dall’usarli.
Il problema è che quei soldi sono stati usati dalla Lega che era con l’acqua alla gola e che stava procedendo a licenziamenti perché non in grado di pagare gli stipendi.
Con Maroni e Salvini soprattutto, la Lega ha dato un taglio alle spese, facendo leva sulla militanza dei leghisti e arrivando a chiudere anche la testata ufficiale. Bossi questo lo sa bene, ma vuole giocare le sue carte fino in fondo, a costo di trascinare in tribunale il suo successore.
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